Il Messaggero, 12 agosto 2019
Le maglie di Versace fanno arrabbiare Pecchino
Di nuovo rottura tra la Cina e il mondo della moda italiana. Dopo lo scandalo che lo scorso novembre ha coinvolto Dolce & Gabbana ora è Versace ad essere finito sotto il mirino del gigante asiatico.
Il fattaccio vede protagonista una maglietta del marchio con la testa di medusa, venduta ma già ritirata dal commercio, dove erano stampati i nomi di varie città con accanto la nazione di appartenenza. Pechino e Shanghai erano correttamente indicate come cinesi, mentre Macao e Hong Kong apparivano come stati indipendenti, nonostante alla fine degli anni 90 le ex colonie europee siano tornate alla Cina.
LE PROTESTE
Ed ecco qua che, in un attimo, si è scatenato l’inferno: la maison italiana è stata accusata di attentare all’integrità nazionale in un momento nel quale le proteste in atto ad Hong Kong hanno gettato benzina sul fuoco dei rapporti tra Pechino e l’ex protettorato britannico.
Su Weibo, social simil-Twitter cinese, l’hashtag Versace sospettata di supportare la secessione di Hong Kong e Macao è diventato un trending topic, con oltre 400 milioni di visualizzazioni in poche ore, e la polemica ha toccato centinaia di migliaia di utenti. La rivolta social ha poi portato una tra le principali testimonial del marchio, Yang Mi, a boicottare il marchio.
A poco è valso il ritiro, lo scorso 24 luglio delle esose t-shirt (prezzo di listino 380 dollari), la successiva distruzione e le pubbliche scuse. «Mi dispiace profondamente per lo sfortunato errore che è stato fatto dalla nostra azienda e che è oggetto di discussione su vari social media – ha scritto Donatella Versace sul profilo Facebook istituzionale -. Non ho mai voluto mancare di rispetto alla sovranità nazionale della Cina ed è per questo che voglio chiedere personalmente scusa per tale imprecisione e per ogni problema causato». L’azienda, inoltre, ha fatto sapere che sta verificando le azioni necessarie a migliorare il modo in cui opera giorno dopo giorno «per diventare sempre più coscienziosi e consapevoli».
LE CONSEGUENZE
Un mea culpa vero e proprio sperando che l’incidente diplomatico non abbia le stesse conseguenze di quello accaduto a Dolce & Gabbana, altrimenti per Versace, da poco passato in mano americana, saranno guai seri. Un’ulteriore prova che non si scherza con la Cina perché, a livello di mercato, e di numeri negli investimenti nel settore del lusso, calcolando il suo miliardo e mezzo di abitanti, può fare la differenza.
LE BACCHETTE
A causa di una campagna pubblicitaria intrisa di luoghi comuni ed ironia spicciola che ha scatenato una bufera sui social globale - tre video in cui si vede una modella cinese assaggiare per la prima volta un pezzo di pizza, un piatto di spaghetti e infine un cannolo, usando le bacchette (con le ovvie difficoltà del caso), ed una voce fuori campo chiede alla protagonista se le dimensioni del dolce fossero troppo grandi per i suoi gusti – Dolce & Gabbana lo scorso novembre, ha dovuto cancellare una mega sfilata a Shanghai alla vigilia, e in un attimo è stato estromesso dalle maggiori piattaforme e-commerce cinesi, su tutte i tre big asiatici del settore Tmall, JD.com e Suning, ma anche da quelli cross-border come NetEase Kaola e Ymatou.
IL TONO
In questo caso le scuse video di Domenico Dolce e Stefano Gabbana, tal tono sommesso e rigorosamente in cinese, non hanno sortito grandi effetti. Il gigante asiatico continua ad essere nel loro mirino ma al momento la fase boicottaggio non è ancora terminata. Rischia di tremare anche Versace che nel paese del Dragone ha un mercato consolidato, e teme ingenti perdite.