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 2019  agosto 12 Lunedì calendario

Lyubov Sobol, la donna che non ha paura di Putin

Quattro cazzotti sulla porta: sono venuti a prenderla. Lyubov Sobol, 31enne avvocata chiusa dentro i suoi uffici di Mosca, filma con il telefono la sua attesa. «Guardate, la stanno buttando giù», indica alle migliaia di follower che la seguono in diretta. «Ma io non ho paura. Non mollo. Continuerò la mia attività politica». Sbam. Gli agenti fanno irruzione. La portano via in nove: tre donne le stringono i polsi mentre lei grida e scalcia, sei uomini col passamontagna e i mitra la caricano su un furgone coi vetri oscurati e sgommano via, davanti a decine di giornalisti che sapevano sarebbe finita così.
Non è un rapimento ma un arresto, il secondo da inizio agosto per Lyubov Sobol, la bionda che secondo le autorità stava organizzando una «azione provocatoria». Il fermo durerà poche ore: quel che basta per impedirle di tenere il suo discorso alla manifestazione di sabato scorso, la più grande in Russia da 8 anni a questa parte, di cui l’attivista, fedele collaboratrice di Alexei Navalny, è organizzatrice e madrina.
In assenza del suo mentore, in carcere dal 24 luglio per un mese, Sobol è diventata la leader delle contestazioni che stanno agitando Mosca. E che rischiano di montare fino all’8 settembre, data delle elezioni per il «parlamento» della capitale da cui la donna – e altri candidati indipendenti come lei – sono stati esclusi. Secondo il comitato elettorale le firme raccolte (ne bastavano 5 mila) «non erano valide»: erano di gente morta o che non abitava in città. «Tutto falso», ha assicurato Sobol, che alla notizia ha lanciato la sua battaglia. Prima uno sciopero della fame, ancora in corso: «Non temo di morire. È Putin che sta uccidendo lentamente il Paese». Poi le proteste, non autorizzate ma pacifiche, ogni sabato, per chiedere elezioni libere. Alle prime grida «giù lo zar!» e «Putin ladro!» dalla folla, la polizia in assetto anti-sommossa ha risposto manganellando e arrestando centinaia di «dissidenti»: il 27 luglio oltre mille persone sono finite dietro le sbarre, almeno per qualche ora. Il sabato dopo Sobol è stata prelevata dal taxi con cui stava andando alla manifestazione: il primo degli arresti a cui si sta abituando.
In piazza sono quasi tutti giovani. Seguono Lyubov su Youtube, dove dal 2017 conduce uno show sul canale Navalny LIVE in cui mischia news, analisi e duri attacchi al presidente: quattro volte alla settimana mezzo milione di persone guarda le sue arringhe. «Mi serviva un volto, un leader politico che parlasse alle menti», ha raccontato Navalny quando da produttrice la spostò davanti alla telecamera, «e nemmeno lo voleva fare». Slobov lavora per sua Fondazione anticorruzione dal 2011, quando appena laureata in legge si candidò per dare una mano ad accendere un faro sugli eccessi degli oligarchi amici del presidente. E se li è fatti nemici. Uno su tutti: Yevgeny Prigozhin, lo «chef di Putin» che gestiva i catering delle feste al Cremlino. Lyubov lo ha accusato di fornire cibo scaduto a decine di scuole avvelenando i bambini. E il potentissimo Prigozhin si è vendicato.
Secondo la Novaya Gazeta fu lui, nel 2016, a ordinare l’accoltellamento del marito di Sobol, il sociologo Sergei Mokhov, ferito a una gamba per strada. Lyubov, madre di una bimba di 5 anni, poteva aspettarselo: al colloquio Navalny non le chiese se era preparata, ma di cosa aveva paura. «Ho capito nel 2011 quali erano i pericoli. Certo che temo per mia figlia. Ma lavoro qui per questo: per lasciarle un Paese migliore in cui crescere».