Corriere della Sera, 12 agosto 2019
Pietro Grasso spiega il suo lodo
OGGIX
Roma Senatore Piero Grasso (Leu), come le è venuta in mente l’idea del suo lodo, cioè delle opposizioni che lasciano l’Aula del Senato al momento del voto sulla mozione di sfiducia contro il governo Conte? «Perché conosco bene il Senato e le sue regole, scritte e non scritte. Per fortuna questo governo è giunto al termine, però non capisco perché l’opposizione dovrebbe fare il lavoro sporco per conto di chi chiede pieni poteri e, senza dimettersi, vuole anche gestire dal Viminale le prossime elezioni. La seconda motivazione è creare le condizioni per non avere problemi con la legge di Bilancio».
Quindi anche lei è per il governo istituzionale, come Matteo Renzi?
«Mi pare prematuro. Facciamo un passo dopo l’altro, senza rischiare boomerang».
E allora quali sono gli altri passi del lodo Grasso?
«Se non ci sarà una votazione il presidente Giuseppe Conte dovrà, al termine del suo intervento, salire al Quirinale per rimettere il mandato, e sancire la fine della maggioranza con la Lega».
E perché dovrebbe farlo?
«Perché questo governo non deve portarci alle elezioni. Il presidente Mattarella, nella sua piena autonomia, potrebbe rinviare Conte alle Camere, dare un incarico se dovesse emergere una nuova maggioranza o nominare un “governo elettorale”, magari guidato da Tria, che potrebbe non avere la fiducia ma resterebbe in carica per gli affari correnti: gestirebbe il voto e avrebbe anche il dovere di preparare una legge di Bilancio al minimo, in caso entro la fine dell’anno non si formi un nuovo governo».
Mi scusi, ma non è solo un modo per prendere tempo?
«No, è un modo per mettere in sicurezza le istituzioni, la correttezza del voto e i conti pubblici. Se ad esempio Conte desse le dimissioni il 19 agosto e il nuovo governo si insediasse il 23, si andrebbe al voto ai primi di novembre. Parliamo di pochi giorni in più rispetto alle richieste della Lega».
Salvini dice che non vuole sentire parlare di accrocchi.
«Nessun accrocchio, ma a tracciare la rotta è il Parlamento e le decisioni finali spettano al presidente della Repubblica, non a Salvini. Se poi vincerà le elezioni farà la manovra, ma se le urne dovessero rivelare sorprese, cosa possibile, sarà fondamentale avere un governo di garanzia già in carica per fare una manovra che eviti l’aumento dell’Iva».
Ha avuto modo di parlare del suo lodo con i rappresentanti degli altri partiti?
«Sì, certo. Ho parlato con i capigruppo al Senato di M5S e Forza Italia, Patuanelli e Bernini. E anche con il segretario del Pd, Zingaretti. Ma mi sono limitato a illustrare la mia proposta, non pretendevo certo una risposta su due piedi».
Ma per il Pd ha contattato anche Matteo Renzi, visto che nel partito sembrano esserci due linee?
«Penso ci sentiremo».
Forza Italia accetterà?
«Salvini ha firmato un contratto con loro poi ha governato coi Cinque Stelle. Ha firmato un contratto coi Cinque Stelle e lo ha stracciato quando gli ha fatto comodo. So che stanno cercando un nuovo patto con Salvini: auguri!».
E con il premier Conte, invece, ha parlato?
«No, sono rimasto nel mio ambito, che è quello parlamentare. Ma spero rifletta su questa proposta. È per il bene del Paese, e lascia aperte tutte le possibilità».