Il Messaggero, 11 agosto 2019
L’Italia è seconda al mondo per produzione di pomodori
Il maltempo di inizio estate ha ritardato la maturazione di una decina di giorni, ma ora che la raccolta è a pieno regime – sia a Nord che a Sud – le previsioni confermano l’Italia come seconda potenza mondiale per produzione di pomodori da industria: con un giro d’affari di 3,15 miliardi di euro segue la California e precede l’enorme Cina. Le certezze su quantità e qualità della raccolta 2019 si avranno solo in settembre, ma la partenza è buona, anche se non si prevede di raggiungere il tetto di 5.200 tonnellate del 2017. Sicuramente, comunque, la produzione sarà maggiore del 2018 quando ci fu una raccolta di 4.650 tonnellate. Ottimista è Maurizio Gardini, presidente nazionale di Confcooperative. «Non tutti sanno – spiega – che il nostro Paese, oltre ad essere il secondo produttore mondiale, è anche leader nelle esportazioni di polpe e pelati, con una quota pari al 70% di tutto il commercio mondiale. È una filiera che però a mio avviso può ancora crescere in valore e prestigio, puntando sull’innovazione e su una crescente attenzione all’ambiente, così come su aspetti strategici specie al Sud come la trasparenza e la legalità». Proprio in questa logica Gardini, nella veste di presidente di Conserve Italia 900 milioni di fatturato, 12 stabilimenti produttivi (9 in Italia, 3 all’estero), marchi storici come Cirio – ha inaugurato in settimana il nuovo mega impianto di lavorazione di Mesagne (Brindisi), con una capacità produttiva di 60 mila tonnellate. Un risultato impensabile venti anni fa, quando la proprietà locale vendette lo stabilimento. Ora i dipendenti stabili sono 500 e 380 gli stagionali.
LE RAGIONI
«Il problema è che oggi la raccolta meccanica al Sud costa il doppio che al Nord, anche se le macchine costano dappertutto uguale – spiega Gardini – se vogliamo ridurre il caporalato dobbiamo favorire l’acquisto delle macchine, per esempio sfruttando i Psr, i Piani di sviluppo rurale». Conserve Italia nei soli ultimi due anni ha investito nell’ammodernamento dell’impianto circa 3 milioni di euro, rafforzando così la capacità produttiva del comparto italiano del pomodoro da industria. Due sono i bacini produttivi principali: a Nord (specialmente nel parmense dove opera l’altro big Mutti) e nel Centro-Sud. Nei 35 mila ettari coltivati a pomodoro da industria al Nord si producono prevalentemente polpe, concentrati, passate e sughi. Il Centro-Sud (25 mila ettari) è leader comunque nella produzione di pelati, polpe, passate e pomodorini. I contratti quadro tra produttori e trasformatori quest’anno prevedono un costo di 86 euro a tonnellata al Nord e diversificato al Sud: dai 95 euro a tonnellata per il pomodoro tondo ai 105 per il pelato lungo. Si tratta della migliore contrattazione degli ultimi quattro anni. L’Italia è di gran lunga il primo esportatore mondiale di polpe e pelati con una quota pari al 77% del valore mondiale, seguita a enorme distanza dalla Spagna (5%) e dagli USA (4%). Rispetto al dato 2012, nel 2018 le esportazioni italiane sono aumentate del 19,5%, ma meglio è andato l’export statunitense (+26,7%), mentre la Spagna ha subito una battuta di arresto (-29,8%). Le principali destinazioni dell’export italiano di pomodoro trasformato vedono in testa la Germania, seguita da Regno Unito, Francia e Usa.