La Stampa, 11 agosto 2019
Nei tribunali mancano mille giudici
Tribunali e uffici scoperti? Processi lenti. Il cortocircuito che rallenta la giustizia italiana sta nei numeri. La pianta organica ideale del Ministero di Grazia e Giustizia indica un fabbisogno di 7 mila 954 unità. Ma gli ultimi dati disponibili parlano di una forza effettiva ben più bassa, 6 mila 944, di cui 4 mila 784 ordinari e 2 mila 160 onorari.
I conti li ha fatti l’Ufficio Studi della Confartigianato Imprese Veneto sulla base di dati fonte Csm e dicastero. La conclusione: mancano circa mille giudici per far marciare a pieno regime la macchina dei processi e l’attuale tasso di scopertura dell’12,7% rischia di aggravarsi nei prossimi anni a causa dell’esodo dal lavoro connesso ai prepensionamenti di quota 100.
La mappatura dei buchi organici contenuta nell’indagine («Il progetto di legge delega della riforma del processo civile dovrebbe essere approvato velocemente», ammonisce Agostino Bonomo Presidente di Confartigianato Imprese Veneto) fa emergere una situazione a macchia di leopardo. Si va dal 23,8% di carenza del distretto giudiziario di Trento e Bolzano al 6% di Genova. E non si può parlare della consueta spaccatura Nord-Sud. Nel distretto di Caltanissetta mancano 22 giudici (22% di tasso di scopertura), a Salerno il 16,9%. In termini assoluti soffrono maggiormente i tribunali più importanti, anche se hanno tassi inferiori. In cima c’è il Foro di Napoli, che sconta una carenza di 132 magistrati (885 su 997). A seguire Milano, meno 87, meno 59 a Torino, meno 51 a Bologna e meno 45 a Venezia.
La spaccatura nel Paese si registra confrontando questi numeri con il bacino potenziale d’utenza: la popolazione residente e le imprese. Nel primo caso, ad esempio, c’è un abisso tra i giudici del distretto di Brescia che hanno un bacino d’utenza media di 15.124 cittadini a testa ed i colleghi di Reggio Calabria che ne hanno 3.603. E se si tira una linea immaginaria con la media italiana, pari a 8.710 abitanti per giudice, in cima troviamo tutti tribunali del Nord, con la sola Bari appena al di sopra (8.998), mentre sotto, tra le città settentrionali, si trova solo il distretto giudiziario di Genova con 6.983.
Nulla cambia se guardiamo alle imprese, con il distretto di Trento che deve gestire potenzialmente 1.367 imprese per ogni giudice e Reggio Calabria che ne ha solo 346: +395%. Anche in questo caso tirando una linea rispetto alla media di 878, dei distretti del Sud troviamo appena sopra la media Cagliari e Sassari (884), Campobasso (890), L’Aquila (891), Roma con 896 imprese per giudice ed Ancona (1.116). Genova è invece sotto la media con 740.
Uno degli elementi più interessanti dello studio Confartigianato riguarda la distribuzione delle pratiche e la velocità dei processi. A livello civile, la media di procedimento per giudice tocca quota 473,6. Un valore che varia molto da distretto a distretto passando dai 276,4 procedimenti per giudice a Reggio Calabria per arrivare ai 667,4 di Campobasso. Un dato che non è strettamente correlato con il tasso di litigiosità delle singole aree, almeno nelle cause civili. La questione di fondo è l’adeguatezza del numero di tribunali, di giudici e di personale amministrativo al bacino di abitanti o imprese. Un carico non uniforme sulle spalle della struttura della giustizia civile che sta tutta in due numeri: nei distretti di Brescia, Torino e Venezia ci sono rispettivamente 22.168, 20.280 e 19.879 abitanti per giudice civile (circa il 50% in più rispetto alla media nazionale) e, in questo caso, anche con Campobasso, in media circa 2mila imprese rispetto al valore medio italiano di 1.484 (+ 34,7%). Questi problemi si riflettono sulla durata media dei procedimenti penali di primo grado, molto diversa da distretto a distretto e che vede eccellere soprattutto il Nord Italia. I 369 i giorni medi necessari in Italia scendono a 175 a Trento, 207 a Trieste, 229 a Genova, 235 a Bologna e 277 a Venezia. I giorni diventano anni, invece, in distretti come Messina dove servono 781 giorni o Potenza con 749. —