la Repubblica, 11 agosto 2019
Come cambia lo Ior
La svolta allo Ior ha il passo lungo ma efficace delle riforme portate avanti da sei anni e mezzo a questa parte da papa Francesco. Dopo diversi lavori sui conti, sui clienti, sui rapporti con le autorità italiane, per la prima volta l’istituto bancario della Santa Sede vara la figura dei revisori esterni, potenzia la figura del prelato interno – un uomo di fiducia del Papa dopo gli anni dei banchieri pescati da fuori che tuttavia hanno fortemente deluso – e, ancora, dà maggiori poteri al direttore che diventa “generale” e può essere nominato a tempo indeterminato, seppure debba andare tassativamente in pensione a settant’anni, per evitare proroghe come accaduto in passato.
Con un chirografo firmato da Bergoglio, dunque, sono rinnovati dopo trent’anni gli statuti dello Ior: la cancellazione dei revisori interni e il controllo dei conti affidati solo a «un revisore esterno, persona fisica o società» è il cuore di una riforma a lungo attesa. Si tratta di «un passo importante nel processo di adeguamento ai migliori standard internazionali ma anche e soprattutto di rinnovata fedeltà alla missione originaria dell’Istituto per le Opere di Religione», scrive il direttore editoriale dei media vaticani Andrea Tornielli su Vatican News.
Dopo essere stato eletto al soglio di Pietro il 13 marzo del 2013, Jorge Mario Bergoglio disse che gli sembrava urgente aggiornare le finanze vaticane, allora teatro di scandali a ripetizione. Il processo è stato lungo e ancora oggi è in itinere. Al centro di questa delicata opera c’erano non solo l’Apsa e l’Aif (gli organismi che controllano rispettivamente gli immobili e riciclaggio interno), ma anche la “banca vaticana” che ha visto susseguirsi nuovi direttori e società esterne ad aiutare un rinnovamento giudicato necessario.
Il Papa ha fatto ogni cosa senza fretta, il tassello odierno dice della volontà di adeguare l’istituto ai parametri internazionali, ma insieme anche di spingere perché esso trovi la sua funzione originaria di organismo della Santa Sede a servizio della Chiesa e delle sue missioni nel mondo, il tutto in una logica di trasparenza e legalità.
Con i nuovi statuti sono introdotte riunioni periodiche del board anche in teleconferenza, norme più stringenti per il personale, che dovrà lavorare in esclusiva e cioè senza la possibilità di altri incarichi, e soprattutto un ruolo potenziato per il prelato il quale, una volta nominato dalla Commissione cardinalizia, «segue l’attività dell’Istituto, partecipa in qualità di segretario alle adunanze della Commissione stessa e assiste alle riunioni del Consiglio di sovrintendenza». Il prelato, in sostanza l’uomo di fiducia del Papa dentro l’istituto, non sarà una figura rappresentativa ma avrà un proprio ufficio nel Torrione di Niccolò V – sede della banca – e sarà colui che farà da rete tra gli amministratori e i dipendenti curandosi anche «di promuovere la dimensione etica del loro operato».
Oggi l’incarico di prelato è affidato a monsignor Battista Ricca, per anni responsabile della struttura dove il Pontefice vive, Casa Santa Mart a, e della Casa del Clero di via della Scrofa dove Bergoglio alloggiò durante il conclave. Tocca al prelato prestare attenzione sia all’etica interna sia ai dettagli finanziari, dopo la stagione dei manager esterni dai lunghi curricula che però in qualche caso sembrano avere deluso il Vaticano e lo stesso vescovo di Roma.
Dalla riforma esce rafforzato anche il potere del direttore generale, che potrà avvalersi della collaborazione di un vice. Oggi direttore generale è Gian Franco Mammì, mentre presidente è Jean-Baptiste Douville de Franssu.