la Repubblica, 10 agosto 2019
Servizi segreti, Trump fa fuori anche Sue Gordon. Ma lei gli fa causa
Tutti gli uomini del presidente: quelli bruciati da Donald Trump nella lunga estate calda degli 007 americani. Giovedì notte, il Presidente ha finalmente annunciato il successore di Dan Coats, 76 anni, da lui chiamato nel 2017 a capo dell’Intelligence americana: e poi licenziato, il 29 luglio scorso, per avergli tenuto un po’ troppo testa. Sarà l’ammiraglio Joseph Maguire, 67 anni, l’ex marine già capo del Naval Special Warfare Command – il commando delle operazioni speciali – e attuale direttore del Centro nazionale antiterrorismo, a prendere in mano il coordinamento delle 17 agenzie federali di spionaggio e controspionaggio in America e nel mondo. Almeno per ora: visto che l’incarico è a interim. Trump spera ancora di trovare un candidato più forte e più fedele. Ma, con le sue vacanze iniziate ieri e l’uscita di Coats annunciata per Ferragosto, di più non poteva aspettare. L’Intelligence rischiava di finire allo sbando, la sua reputazione già macchiata dall’altalena di nomi.
Era stata l’autonomia di Coats, repubblicano vecchio stampo, a convincere Trump di aver bisogno di qualcuno più fedele. L’ex senatore del Michigan, ambasciatore in Germania ai tempi di George W. Bush, aveva ottenuto l’incarico di Direttore dell’Intelligence in virtù dei suoi legami col vicepresidente Mike Pence. Ma la sua determinazione nel contraddire il Commander-in-Chief su questioni cruciali come i cambiamenti climatici e i rapporti con Russia e Corea del Nord aveva irritato Trump in più di un’occasione. E nemmeno la mediazione del vicepresidente era bastata a fargli da scudo. Sulla questione dei russi Coats non mollava. Continuando a denunciare il rischio di nuove interferenze nelle prossime elezioni. Fino a uno scontro recente, raccontato dal New York Times, col capo delle spie furioso per come un suo rapporto sul Cremlino era stato moderato e snaturato.
A fine luglio Trump aveva dunque scelto un sostituto fra i suoi fedelissimi. Puntando sul deputato del Texas John Ratcliffe, 53 anni, membro della commissione giustizia della Camera. Un signor nessuno che si era fatto notare per le aggressive domande all’ex procuratore speciale Robert Mueller sul Russiagate. Ratcliffe aveva insistito nel sostenere che il licenziamento dell’ex capo dell’Fbi, James Comey, non era in alcun modo un tentativo di ostruire la giustizia, con un piglio molto apprezzato da Trump.
Peccato che, quattro giorni dopo la nomina, il deputato texano era stato costretto a ritirare la candidatura. Accusato dai media, aveva ammesso di aver gonfiato il suo curriculum, abbellendo il suo ruolo di ex procuratore federale in Texas, arrivando perfino a sostenere di aver plasmato lui la politica antiterrorismo dell’era Bush. All’epoca in effetti lavorava nell’ufficio di coordinamento delle azioni antiterrorismo, ma non prendeva decisioni e c’era voluto poco a scoprirlo. Un brutto colpo: tanto più che molti repubblicani avevano sconsigliato il Presidente di affidarsi all’oscuro texano.
A quel punto, candidata naturale era sembrata Sue Gordon, vice di Coats. Già capo dell’Intelligence geospaziale e con 25 anni di carriera nelle file della Cia alle spalle. Lo stesso Trump aveva assicurato che il suo nome era «preso in considerazione». Salvo annunciarne, giovedì sera, la dipartita. Considerando la donna troppo vicina all’ex direttore della Cia dei tempi di Obama: quel John Brennan, così inviso a President Trump, da essersi visto revocare il security clearance, il nulla osta della sicurezza, insieme all’accesso a informazioni top secret.
Ora la casella Intelligence è riempita e il Presidente può finalmente andare in vacanza. Certo, proprio nel giorno in cui l’ex numero due dell’Fbi, Andrew McCabe, fa causa al Dipartimento di Giustizia per essere stato licenziato «per motivi politici», tutto fa pensare che la lunga estate calda degli 007 non sia affatto finita.