Corriere della Sera, 10 agosto 2019
La regola dei mandati mette in crisi il M5s
Un incubo o quasi per oltre cento parlamentari. Praticamente tutto lo stato maggiore del Movimento con la fine della legislatura potrebbe dire addio alla politica. Tutti i big, tutti i volti noti (o quasi) a partire da Luigi Di Maio, finirebbero fuori dai giochi per una rielezione. Una squadra che comprende Roberto Fico, Paola Taverna o ministri Riccardo Fraccaro, Alfonso Bonafede o ancora i capigruppo Stefano Patuanelli e Francesco D’Uva. Tutti fuori dalle prossime liste elettorali per via della regola Cinque Stelle che impone un limite massimo di due mandati. Una norma che in passato, per situazioni analoghe come quella di Giovanni Favia (consigliere comunale a Bologna e regionale in Emilia- Romagna), ha causato discussioni interne al gruppo.
Ora quel dogma pentastellato torna prepotentemente alla ribalta. Il ministro Fraccaro ha ribadito ieri a SkyTg24: «Nel M5S c’è la regola dei due mandati, per me ci sono due mandati». Ma non tutti nel Movimento la pensano allo stesso modo. Diversi parlamentari – alcuni anche direttamente toccati dalla causa – valutano se non sia il caso di «chiudere un occhio». «In fondo se finisse nel giro delle prossime settimane, questa sarebbe la legislatura più breve della storia della Repubblica», fa notare un pentastellato. «Meno di diciotto mesi, davvero poco per bruciare tutta l’esperienza fatta in questi anni», sottolinea un altro.
L’ipotesi che serpeggia, ma che non è stata toccata dai vertici (lo sarà solo una volta chiariti i tempi e le dinamiche di un eventuale ritorno alle urne), è quella di una deroga. Un’idea che prende quota. Uno «strappo alle regole» se necessario da valutare attraverso un voto di ratifica su Rousseau, spiegando a cosa andrebbe incontro il Movimento, che si vedrebbe falcidiato, privato dei suoi elementi di spicco. Non tutti, a dire il vero. Infatti, c’è chi ha fatto un solo mandato come Alessandro Di Battista o Gianluigi Paragone e, grazie alle nuove regole e al «mandato zero», anche il socio di Rousseau Max Bugani. Tutti e tre, nel caso di Movimento decimato, chiamati a essere i nuovi frontman dei pentastellati in Parlamento. «Non tutto il male vien per nuocere – commenta una nuova leva —; dopo questa esperienza di governo serve un cambiamento, e avere nuovi volti sarebbe come dire che il Movimento rinasce».
L’ultima parola, però, nel caso di una eventuale deroga – filtra dai vertici – spetterà al garante Beppe Grillo.