la Repubblica, 10 agosto 2019
Salvini vuole uscire dalla UE
OGGIX
I numeri al Senato:
https://www.repubblica.it/politica/2019/08/10/news/crisi_di_governo_i_numeri_dei_partiti_a_camera_e_senato_in_vista_della_sfiducia_a_conte-233371986/?ref=RHPPLF-BH-I233407116-C8-P1-S1.8-L
L’Unione europea e l’euro. I trattati e i parametri europei. In tre parole: uscita dalla moneta unica. La campagna elettorale di Matteo Salvini è pronta. Il piano segreto del leader leghista per affrontare la probabile sfida delle urne si sta di nuovo componendo. E se l’anno scorso la chiave della sua comunicazione è stata la lotta agli immigrati, questa volta la rotta punta contro Bruxelles. Il progetto di dare un colpo all’Ue era stato solo accantonato in questi quattordici mesi. Ora sta riuscendo dal cassetto del Viminale, da quello della macchina di propaganda (la “bestia") e soprattutto dai suoi referenti internazionali che di recente hanno dimostrato di non gradire certe ritrosie. I tempi, le modalità, le scelte intorno a questa crisi di governo, insomma, vanno interpretati secondo il nuovo schema immaginato dall’attuale ministro dell’Interno. Un quadro che ha come primo obiettivo quello di rivedere il rapporto con l’Ue. Declinandolo secondo il presunto interesse nazionale di ridurre le tasse. «I dogmi di Bruxelles – sta ripetendo nelle ultime ore – non sono sacri. I vincoli europei vanno rivisti». In caso, contrario, l’esito potrebbe essere drammatico. Soprattutto se la Lega dovesse vincere nelle urne. Del resto, il capo lumbard sta già riprendendo in mano il programma presentato nel 2018 su questo specifico punto. «Noi – scriveva Salvini – vogliamo restare all’interno dell’Unione Europea solo a condizione di ridiscutere tutti i Trattati che pongono vincoli all’esercizio della nostra piena e legittima sovranità, tornando di fatto alla Comunità Economica Europea precedente al Trattato di Maastrich. L’euro è la principale causa del nostro declino economico, una moneta disegnata su misura per Germania e multinazionali e contraria alla necessità dell’Italia e della piccola impresa. Abbiamo sempre cercato partner in Europa per avviare un percorso condiviso di uscita concordata. Continueremo a farlo e, nel frattempo, faremo ogni cosa per essere preparati e in sicurezza in modo da gestire da un punto di forza le nostre autonome richieste per un recupero di sovranità». Appunto, «uscita concordata». L’abbraccio con l’Ungheria di Orban e con le potenze che spingono per un indebolimento dell’Unione, sarà dunque il fulcro della campagna salviniana. Non è un caso che nelle ultime ore molti dei suoi pretoriani abbiano iniziato ad adottare la prossima Legge di Bilancio come stella polare da seguire nella road map elettorale. «Per fare la manovra c’è tutto il tempo del mondo», diceva ieri Claudio Borghi. Solo apparentemente una rassicurazione o un modo per tranquillizzare i mercati. Nel vocabolario sovranista, quell’appuntamento può essere al contrario il detonatore per far esplodere la bomba dell’Italexit. Emulare il piglio del nuovo premier britannico Johnson e sforare tutti i “tetti": sul deficit e sul debito. Perché, è il mantra salviniano, «non si può stare sotto il 2 per cento». E una volta lanciata la sfida a Bruxelles, preparare lo showdown. Anche mettendo nel conto la procedura d’infrazione. Anzi, nei sogni dei vertici leghisti quella potrebbe essere l’occasione per mettere davvero in crisi l’architettura dell’Unione. La procedura d’infrazione, infatti, prevede delle multe. Delle penali in moneta. Ma nessun trattato stabilisce delle sanzioni per chi non le paga. Il progetto è dunque provocare un cortocircuito nei processi decisionali comunitari rifiutando il pagamento delle multe. Salvini lo considera lo strumento migliore per una resa dei conti concreta con l’establishment di Bruxelles. E con quello che definisce il «tradimento» dei grillini: ossia aver stretto un patto con il Pd nel Parlamento europeo accettando la nomina della tedesca Von der Leyen alla presidenza della Commissione europea. Come dice un altro economista leghista, Alberto Bagnai, «i rapporti con il Movimento 5Stelle sono cambiati quando è entrata in ballo l’Europa». E forse non è un caso che proprio ieri, sul profilo di Twitter dello stesso Bagnai sia ricomparsa la copertina del suo libro, divenuto famoso da quando la Lega è tornata al governo: «Il tramonto dell’euro». Il segretario del Carroccio, del resto, ha impresso una accelerazione alla crisi del governo Conte in presenza di due elementi. Il primo riguarda il ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Le bozze della legge di Bilancio preparate al Tesoro con un rapporto deficit/pil decisamente sotto il 2 per cento e con una flat tax solo abbozzata, lo hanno mandato su tutte le furie. Soprattutto temeva che quelle misure concordate con la Commissione potessero di fatto sterilizzare lo scontro con Bruxelles e bruciare la sua politica di base. Il secondo, invece, riguarda la riforma che riduce il numero dei parlamentari. L’approvazione finale, infatti, avrebbe inibito almeno per un anno il ricorso alle elezioni anticipate. L’iter referendario per ratificare la modifica costituzionale, la riscrittura dei collegi e soprattutto la probabile riforma elettorale in senso totalmente proporzionale, avrebbero determinato tempi lunghi e minore capacità per la Lega di far pesare alla Camera e al Senato il suo 30 per cento. Circostanze che il capo leghista ha capito con un certo ritardo. La crisi di governo in extremis è diventata così l’ultima chance per somministrare ossigeno al fronte sovranista che in Europa ha subito una pesante battuta d’arresto con il voto dello scorso maggio. L’assalto all’Europa, il tentativo di indebolire il progetto unitario riparte dunque dalle elezioni italiane. E dal progetto salviniano di ridiscutere la costruzione europea e in particolare la moneta unica. «I dogmi di Bruxelles non sono sacri». Lo sono invece gli impegni internazionali che lui ha assunto lui?