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 2019  agosto 09 Venerdì calendario

Intervista a Piero Ignazi sul conflitto Salvini-Conte

Comunque vada sarà un successo, almeno per Matteo Salvini. Uno scenario win win che secondo il politologo Piero Ignazi può complicarsi per il capo della Lega solo grazie al fattore Conte.
Professore dove porta la crisi aperta da Matteo Salvini?
Stiamo ai fatti: che l’alleanza con i 5 Stelle sia stata molto profittevole per la Lega e sin dal primo giorno è assodato. Salvini, compresa la capacità di imporsi sugli alleati pentastellati, ha continuato ad alzare la posta abituandosi all’idea di incassare, via via, tutto ciò che voleva. Da ultimo l’autonomia e diverse altre cose per esempio sulla giustizia. Di fronte a questa evidente sproporzione di forze in campo, ha imposto una dinamica politica di terrorizzazione permanente dei 5 Stelle che, almeno finora, sono sembrati disponibili a concedere tutto o quasi pure di non far saltare il banco. Insomma proseguire nel modo che si è fatto dal 4 marzo ad oggi sarebbe stato uno scenario vincente per la Lega.
Poi c’è l’altra opzione.
È vincente pure andare all’incasso elettorale dopo aver ridotto in una condizione di minorità i grillini che, per accontentare Salvini, hanno nel frattempo perso identità e strategia. A partire dalla politica sui migranti e la gestione del caso Diciotti: sfruttando l’ambiguità del Movimento 5 Stelle su questo tema, Salvini è riuscito a diventare punto di riferimento e leader di tutte le destre. E dall’altro ha condannato i pentastellati a un drammatico e rapido declino.
Insomma la strada per il Carroccio è spianata in ogni caso.
Sì, anche se la decisione che si prospetta di parlamentarizzare la crisi con Giuseppe Conte che si presenta di fronte alle Camere per chiedere la fiducia è senz’altro la prospettiva meno gradita a Salvini, o quanto meno, la più difficile da gestire per lui.
Per quale ragione?
Perché un conto è bastonare un giorno sì e l’altro pure il ministro Toninelli e Di Maio. Altro è tentare di farlo con il presidente del Consiglio che da un punto di vista istituzionale è un osso certamente più duro. Il conflitto Salvini-Conte, inoltre, innesca una dialettica che rimbalza nell’opinione pubblica che premia in termini di gradimento il premier per il suo tratto istituzionale. Conte ha una sua audience in Europa che poi è il suo grande atout. Politicamente, invece, il suo profilo è ad oggi ancora leggero: vedremo se l’eventuale scontro diretto con Salvini ne farà emergere le qualità.
E il ruolo del Capo dello Stato?
Sergio Mattarella interpreta il suo ruolo al Colle con la consueta discrezione. Vedremo se farà interventi più decisi in questa fase. Un presidente come Giorgio Napolitano sarebbe stato sicuramente più interventista rispetto a questa fase politica: penso che di fronte a una richiesta di impeachment che Mattarella ha gestito con ammirevole pazienza, avrebbe prima infilzato e poi messi allo spiedo i 5 Stelle che l’avevano ventilata.
Secondo lei il Pd sta interpretando al meglio il ruolo dell’opposizione?
Credo sinceramente che il Partito democratico non abbia compreso a fondo il rischio che l’Italia sta correndo. Un governo di destra imporrà un cambiamento della Costituzione verso un regime forse presidenziale, con quanti gradi di libertà lo capiremo. Ma anche un cambio di atteggiamento nei confronti dell’Europa con un probabile mutamento della collocazione geopolitica del nostro Paese. Il Pd non mi pare, dato il livello del confronto interno, che stia intravvedendo l’enormità di questo scenario. E non da ora.
Ce l’ha con Renzi?
Il Pd ereditato da Nicola Zingaretti è minoritario e stra-isolato a causa di un delirio dell’autosufficienza che ha infilato i dem in un cul de sac : una fossa d’inferno in cui non conta nulla, altro che vocazione maggioritaria. Mancano linea e cavalli di battaglia. Mi pare sia un partito senza anima.