la Repubblica, 9 agosto 2019
Gli 80 anni di Prodi l’unico leader a sinistra che ha vinto le elezioni
Oltre agli auguri per i suoi 80 anni, se non suonasse un po’ retorico si potrebbe sostenere che Romano Prodi merita anche un grazie per come li ha vissuti al servizio della politica; e se servisse a qualcosa, questo 9 agosto sarebbe pure l’occasione buona per riconoscere che forse gli spettano addirittura delle scuse. Tanto vale allora cominciare da queste ultime, usurpandole a nome del centrosinistra nelle sue varie stagioni e terminazioni nervose; scuse per non aver saputo approfittare fino in fondo dell’intelligenza e del senso pratico del Professore, della sua visione, della sua competenza e della sua placida solidità umana, col bel risultato di averlo trattato, in cronologica sequenza, prima come un intruso, poi come un rompiscatole fissato, quindi come uno da togliersi dalle scatole; salvo poi ancora invocarlo come il messia, quindi di nuovo come uno scocciatore da levare di mezzo, pussa via, finendo così per aver fatto di chi era senz’altro il migliore leader su piazza una figura-chiave nella quale, senza colpa, ma certo ai suoi danni, meglio di chiunque altro si rispecchia il fallimento della sinistra di governo in Italia e un po’ anche in Europa, amen.
Ottant’anni, comunque, e ben vissuti, nonostante tutto. Fin da quando il bimbo Romano, figlio di cattolici che abitavano in un appartamento di proprietà del Pci (A Reggio Emilia poteva accadere), e che aveva nove fratelli e per questo dovette imparare il prima possibile a parlare, ma anche a stare zitto, vide nel cortile di casa le prove delle cerimonie comuniste per la morte di Stalin; e presto si comprese che sarebbe stato per sempre un primo della classe, però aperto, curioso, la parrocchia, il catechismo, i viaggi; una guida morale come don Pippo Dossetti, un maestro come Nino Andreatta; e il prima possibile divenne un professore di economia, però viva – distretti, piastrelle, lavoro, contratti – senza astrattezze né spocchie accademiche; insomma, una carriera folgorante, l’Inghilterra, l’America, il Mulino, i consigli a De Mita, al Papa, poi perfino alla Goldman Sachs, e oggi ai russi e ai cinesi.
Ministro mezzo tecnico e mezzo democristoide a poco più di trent’anni; una moglie-compagna per nulla vistosa, ma decisiva, e impegnata nel sociale; vacanze con famigliona-tribu nella casona con letti a castello, calciobalilla e concerti domestici, figli scout, Bologna insieme piccola e grande. Quando il 9 agosto di 25 anni orsono, appena tornato da un pellegrinaggio ciclistico a Compostela, annuncia il suo impegno politico nell’Italia berlusconizzata, Prodi non è esattamente un frullino del potere. È stato due volte presidente dell’Iri, lì ha negoziato con Cuccia, ha detto no a Craxi, né luciderà “le maniglie di casa Agnelli”. «Lo chiamano Mortadella – dice Bettino – ma è il più duro di tutti».
Aspetto un po’ goffo, pronuncia marcata, ma spiccatissima comunicativa, scrivono che “gronda bonomia dagli artigli”, cauto, spiritoso, permaloso, vendicativo. Intuisce l’Ulivo, fa correre il Pullman, a tutt’oggi resta l’unico che ha battuto una volta e mezzo Berlusconi, anche se nel 2006 è un pareggio, e il secondo governo un calvario. Ma prima, con Ciampi, taglia il traguardo dell’Europa. Tra le due esperienze la guida della Commissione europea, anche lì gioie e dolori, in ogni caso un rango che pone Prodi al di sopra di qualsiasi altro statista – e mai macchiato, tocca aggiungere, da scandali di Prima, Seconda e Terza Repubblica.
A un certo punto si diffuse la voce che portava fortuna, donde il celebre “fattore C”. Ma è un assunto più che discutibile, considerato il logoramento cui lo sottopose D’Alema, le continue liti e bizze degli “alleati”, la fregola obamiana di Veltroni, la dabbenaggine con cui Bersani lo mandò allo sbaraglio sul Quirinale e infine la superbia autolesionista di Renzi.
Osservato con gli occhi di oggi, e un filo di inevitabile malinconia, si può ragionevolmente far pesare che tuttora il Prof incarna una politica – e a suo modo anche un potere – che si connota come quanto di più antico e lontano dalla brutale esibizione del proprio ego nevrotico oggi all’ordine del giorno. In nessun altro leader come in Prodi i contenuti e la competenza ancora prevalgono sull’immagine, la visione internazionale sull’esteriorità e l’improvvisazione, la prudenza, la pazienza e l’ostinata trattativa sulla battutona social, la laicità sul bacione al crocifisso e la Madonna del telefonino, l’equilibrio e la misura sull’odierno ballo di San Vito. E se 80 anni sono tanti, alla luce di questo elenco la speranza è che siano anche pochi.