Corriere della Sera, 9 agosto 2019
Donald Trump si sente in colpa per la morte di Freddy, il fratello alcolista
Donald Trump non è uno che ammette facilmente di aver sbagliato, ma lo fa in una lunga intervista con il Washington Post . Nel discutere come affronterebbe la crisi degli oppioidi in America, il presidente ricorda la storia del fratello maggiore Freddy – alcolista, morto a 42 anni – per dimostrare di essere capace di empatia nei confronti di chi soffre di dipendenze da droghe. La vicenda è nota (Trump ha più volte detto che l’alcolismo del fratello è la ragione per cui lui non beve), ma stavolta nel raccontarla ha riconosciuto i propri errori più di quanto non abbia fatto in passato. Freddy non voleva lavorare nei cantieri e nell’edilizia, sognava di diventare un pilota. Donald – otto anni più piccolo – e il padre gli facevano frequenti lavate di capo, secondo gli amici di allora. Donald non ricorda di aver gridato e puntato il dito contro il fratello, ma di avergli detto solo: «Caspita, dovresti amarlo questo lavoro». Alla fine però conclude: «Ho il rimpianto di aver fatto pressione su di lui. Gestire l’impresa della famiglia era qualcosa che lui non avrebbe mai voluto fare. Semplicemente non era per lui… Penso che l’errore che abbiamo fatto è stato di dare per scontato che sarebbe piaciuto a chiunque. È stato questo l’errore più grande… Su di lui c’era una doppia pressione, da parte di suo fratello e di suo padre».
Freddy superò il test per studiare da pilota nel 1964 e volò per alcuni mesi di prova, ma fu licenziato per via dei crescenti problemi di alcolismo. Cedette e andò a lavorare con il padre. Nel 1966 diventò vicepresidente dell’azienda, ma presto scomparve in un ruolo più modesto, in contemporanea all’ascesa di Donald. Continuava a bere. Fu ricoverato e morì nel 1981 dopo un attacco di cuore.