ItaliaOggi, 8 agosto 2019
Ecco che cosa i dirigenti iraniani pensano quando apparentemente parlano di pace
«La pace con l’Iran è la madre di tutte le paci e la guerra con l’Iran è la madre di tutte le guerre». Così si è espresso il presidente Rouhani, ripreso in Italia dall’agenzia Ansa. Ma cosa significa questa frase? Nella traduzione nostrana, potrebbe significare che Teheran è pronta alla guerra su larga scala, ma anche a una pace definitiva con l’Occidente. Nel linguaggio di Teheran, e di quello degli islamisti, è cosa ben diversa.A riprova di quanto scriviamo, vi riportiamo una terribile intervista concessa a fine luglio alla tv iraniana Ofogh dall’ayatollah Mohammad Mehdi Mirbagheri, potente membro dell’Assemblea degli esperti, organo che ha il diritto di nominare in Iran la Guida suprema. Per Mirbagheri, combattere per Allah è morale e per questo un conflitto generale è un prerequisito per far riapparire l’Imam Nascosto (ricordiamo che questo è il fine ultimo del regime khomeinista, instaurato dopo la rivoluzione del 1979). Per questa ragione, e qui sta il punto centrale, i negoziati sono buoni solamente se il loro fine ultimo è quello di determinare il trionfo della civiltà islamica. Ogni altro negoziato «con gli infedeli» è quindi negativo.
Terminando la sua intervista, l’ayatollah Mirbagheri ha affermato che il regime iraniano è stato instaurato per essere in costante conflitto con l’Occidente e in costante antitesi alla democrazia liberale. Perché, come suddetto, il fine ultimo del regime non è lo stato di diritto, ma la riapparizione dell’Imam Nascosto (anche detto Mahdi). In altre parole, la pace nel concetto iraniano è molto differente dal nostro. Più che una pace, è meramente una tregua (hudna in arabo) il cui fine primario è quello di usare il tempo concesso per aumentare il potere islamista, al fine di sconfiggere gli infedeli (in questo caso l’Occidente democratico).
Il comportamento negoziale dell’Iran, in questi anni, ha esattamente dimostrato quanto suddetto: nel 2003 il regime iraniano, proprio con negoziatore Rouhani, ha firmato con gli europei l’accordo di Teheran, unicamente per completare in maniera clandestina il programma nucleare (anche in questo caso, ammissione di Rouhani in una intervista tv del 2013). Dopo la firma del Jcpoa nel 2015, il regime iraniano ha usato l’appeasement occidentale per aumentare il suo potere regionale, incrementare il programma missilistico illegale e inviare fotografie photoshoppate all’Aiea dei suoi impianti nucleari (anche in questo caso, intervista tv di Ali Akbar Salehi, ex ministro degli esteri, ora a capo dell’Agenzia atomica iraniana).
In poche parole, la vera natura della Repubblica islamica iraniana e di tutte le forze politiche islamiste è sotto i nostri occhi e le nostre orecchie. Siamo noi a non voler ascoltare, per crogiolarci in un ideale pacifista a tratti suicida. Proprio quello che gli islamisti desiderano.