la Repubblica, 8 agosto 2019
Il paese senza maschi
MIEJSCE ODRZANSKIE - Il sindaco offre una ricompensa per gli scomparsi. Gli scienziati vogliono indagare sulla loro assenza. Le troupe televisive vengono a cercare risposte per la strana anomalia demografica di questo paesino polacco. È quasi un decennio che da queste parti non nasce nessun maschietto. Il particolare ha attirato per la prima volta l’attenzione dei media polacchi quando il paese ha inviato a una competizione regionale per giovani pompieri una squadra tutta al femminile. Da quel momento, dice la sindaca Krystyna Zydziak, la situazione a Miejsce Odrzanskie è diventata “abbastanza folle e fuori controllo”. Di recente c’erano ben quattro troupe televisive che giravano per il paese, che ha una sola strada principale e 96 case, per raccontare il caso dei maschi mancanti.
“Alcuni scienziati si sono detti interessati a studiare le ragioni del perché nascono solo bambine”, dice Rajmund Frischko, il sindaco del Comune di Cisek di cui fa parte il paese. “Ci sono medici che mi telefonano da tutto il Paese per darmi suggerimenti su cosa bisogna fare per concepire un maschio”. Dice di aver appena parlato con un medico in pensione che ha detto che la dieta della donna dev’essere ricca di calcio se vuole avere un maschio. “E se non funziona”, ride il sindaco, “c’è sempre il metodo collaudato dei montanari polacchi: se vuoi un maschio, tieni un’ascia sotto il letto coniugale”.
Da quando è nato l’ultimo maschio ci sono state 12 nascite nel paese, una comunità agricola ai margini della provincia più piccola e meno popolata della Polonia. I residenti non sanno quali siano le ragioni di questa anomalia, ma molti pensano che possa essere una semplice coincidenza, come quando lanci una moneta per aria e viene ripetutamente testa. Frischko ha deciso di offrire una ricompensa per la prossima coppia che partorirà un maschio. “Si è parlato così tanto di noi che per un attimo avevo pensato di intitolare una strada al prossimo maschietto che nascerà qui”, dice. “Di sicuro gli faremo un bel regalo. E pianteremo una quercia con il suo nome”.
Come in molti altri paesi polacchi, anche qui si assiste a un forte calo demografico: dopo la Seconda guerra mondiale aveva circa 1.200 abitanti, oggi 272. Dopo il crollo del comunismo, nel 1989, l’emigrazione ha svuotato le zone meno popolate del Paese, una tendenza che si è accelerata dopo l’ingresso nella Ue, nel 2004: ora più di 2 milioni di polacchi vivono in altri Paesi europei. Ogni famiglia qui ha qualcuno che vive all’estero, dice Zydziak, che ha due figlie, una delle quali vive in Germania. “Alcuni residenti sono preoccupati, si chiedono chi baderà ai campi in futuro”, dice. Sono molte le donne e le ragazze che lavorano nei campi. Adrianna Pieruszka, 20 anni, ha passato parte delle sue vacanze a guidare un trattore nei campi di grano dei genitori, anche se la sua passione è fare la pompiera.
In un paese dove non ci sono scuole, caffè, ristoranti e nemmeno un negozio di alimentari, e ci possono volere ore prima che compaia una macchina all’orizzonte, il corpo dei pompieri volontari è diventato il centro della vita sociale. In una recente esercitazione, una squadra di sole donne ha operato all’unisono per spegnere un finto incendio e assistere le vittime. La recluta più giovane, Maja, due anni, ha dovuto essere aiutata a scendere dal camion da una bambina più grande. Pieruszka, che studia pedagogia all’Università, è la supervisore della brigata giovanile da quattro anni. “Non abbiamo quasi maschi nella squadra, ma vinciamo gare importanti in Polonia da quando è stata fondata la brigata, sei anni fa”, dice seduta nella sala comune della stazione con decine di medaglie e coppe in esposizione. Malwina Kicler, 10 anni, che si allena come pompiera volontaria da quasi tre anni, dice che la maggior parte delle ragazze non è preoccupata dal fatto che non ci siano maschi nella squadra. “I maschi sono chiassosi e dispettosi”, dice. “Almeno ora abbiamo pace e tranquillità. Li puoi sempre incontrare da qualche altra parte”. Solo non in paese, probabilmente.
© 2019 New York Times News Service
Traduzione di Fabio Galimberti