la Repubblica, 8 agosto 2019
Se c’è di mezzo Picasso qualsiasi affare è un successo
C’è a Roma una mostra dal titolo Picasso e la fotografia: gli anni della maturità. Fotografie di Edward Quinn e André Villers, 1951-1973 (a Palazzo Merulana, fino al 26 agosto). Ma ce ne potrebbe essere qualcun altra da qualche altra parte del mondo dal titolo “Picasso e i funghi”, oppure “Picasso e i Moschettieri”, o magari “Picasso e le stelle” o, in tempi di celebrazione, “Picasso e la Luna” e, perché no, “Picasso e Picasso”.
Ci potrebbero essere tutte queste perché Picasso, con i suoi venticinquemila dipinti e migliaia tra disegni, sculture, incisioni etc. etc. ha firmato in totale quasi quarantottomila opere. Quindi non c’è praticamente soggetto che, sul serio o per gioco, non abbia affrontato. A Pechino, ad esempio, al centro d’arte Ucca, fino al 1° settembre, hanno allestito una mostra intitolata Picasso – La nascita di un genio : i biglietti sono stati già tutti venduti e, attorno all’isolato del museo, c’è sempre la fila di gente che aspetta il proprio turno per entrare.
Insomma, basta attaccare il nome “Picasso” a un soggetto qualsiasi e il successo è garantito. Con Picasso incasso! È praticamente matematico. Ma perché? Da dove arriva questa fascinazione per un artista del quale solo una sparuta minoranza di esperti potrebbe citare un’opera famosa? Mentre sono sicuro che, se si facesse un sondaggio chiedendo alla gente «chi è Picasso?», il 90 per cento – ma forse anche il 99 – risponderebbe «un famoso pittore».
Se, però, alla stessa gente si facesse vedere una foto di Guernica, il famoso dipinto di Picasso oggi al museo Reina Sofía di Madrid, solo pochi saprebbero dire chi è l’autore. Pochissimi alla nostra domanda risponderebbero che Picasso è stato un modello di macchina della casa automobilistica Citroën, la stessa che, nel 1998, pagò ben 20 milioni di euro per poter utilizzare il nome dell’artista, vendendo poi ben tre milioni e mezzo di vetture. E facendo imbestialire parte degli eredi di Pablo, che trovavano orripilante il fatto che il sommo maestro dell’arte del ventesimo secolo fosse trasformato in una piccola utilitaria. Ma, visto il successo planetario e popolare del marchio Picasso, la Citroën ci aveva visto giusto. I ricchi i Picasso se li appendono alle pareti di casa, non li usano per andare a fare la spesa. Mentre per un normale individuo fiscalmente residuo avere una Picasso in garage può essere una soddisfazione.
Picasso è morto nel 1973 a 91 anni, lasciandosi alle spalle una fortuna incredibile, figli, figlie, nipoti, mogli e amanti infelici, due delle quali suicide. Per lui le donne erano delle dee o degli zerbini. Eppure, nell’epoca del #MeToo, contro le sue opere non ci sono state grandi proteste. Nessuno lo ha messo al bando come è accaduto con Woody Allen. È come se i suoi occhi fulminanti ancora oggi fossero capaci di ipnotizzare o paralizzare lo spettatore. Ma Picasso non è stato all’avanguardia soltanto nel machismo.
In un’epoca che i social non se li sognava nemmeno, Pablo Picasso ha saputo usare la sua arte e la sua immagine con una potenza paragonabile a quella dei grandi dittatori: Mao, Stalin, Hitler. Non solo: pur essendo rimasto quasi sempre nelle sue ville e studi in Costa Azzurra, Picasso è stato un artista internazionale e globale ante litteram. Immaginate che, nonostante il Museum of Modern Art di New York abbia non so quante sue opere, lui non mise mai piede negli Stati Uniti. Una cosa oggi, in un’epoca di pubbliche relazioni selvagge, impensabile. Quindi continua a essere inspiegabile il suo successo di massa. Kaws, Banksy, Hirst, Botero, Warhol, Cattelan gli fanno veramente un baffo. Nessuna marca di automobile ha ancora pensato di chiamare uno dei suoi modelli con il nome di uno di questi artisti che pure sono super popolari. Al che viene il sospetto che la genialità di Picasso non sia nella sua – per quanto eccezionale – produzione artistica, ma nel semplice fatto di chiamarsi “Picasso” e firmarsi solo “Picasso”. Un genio non nell’aver inventato il Cubismo – roba per addetti ai lavori – ma nell’aver intuito che la sua forza era il suo nome, che di per sé è un logo, come Coca-Cola, McDonald’s, Apple, Pepsi. Insomma, Picasso ha addirittura anticipato i marchi della moda. È il primo artista brand della storia dell’arte perché nemmeno lo stracelebrato Leonardo da Vinci potrebbe aspirare a dare un nome a un motorino o a un mezzo di locomozione super popolare.
Gli eredi Picasso che schifavano l’utilitaria con il nome del nonno non avevano capito proprio nulla. Il nonno sarebbe stato felice. Il sogno segreto di ogni grande artista che poi purtroppo, come dicevamo, è anche il sogno dei dittatori, è infatti proprio questo: essere unici ed esclusivi e al tempo stesso arrivare alle masse. Pochissimi ci sono riusciti e ci riescono.
Infine, come se non bastasse, Picasso involontariamente è stato anche all’avanguardia nella lotta alle fake news. Nel 1974, un giovane artista, Tony Shafrazi, diventato poi un famoso gallerista, sfregiò proprio il famoso Guernica, allora esposto al MoMA di New York, scrivendoci sopra con una bomboletta spray Kill Lies All : “uccidi tutte le bugie”. Uno slogan che, senza sfregiare nulla, oggi andrebbe rispolverato.