la Repubblica, 8 agosto 2019
Lo Stato paga il farmaco contro il tumore del sangue solo se funziona
Se funziona, lo Stato paga il prezzo intero, altrimenti si accolla solo una parte della spesa. Aifa, l’agenzia italiana del farmaco, ha chiuso una trattativa innovativa sul costo di una terapia dei tumori del sangue super costosa. Il trattamento è il primo di quelli basati sulle cosiddette Car-T, che prevedono di prendere i linfociti dei malati, di “riprogrammarli” per farli attaccare il tumore e di reinfonderli. In futuro l’agenzia dovrà valutare altre cure simili, e quindi assume ancora più importanza lo schema adottato in questa fase, nell’ottica della salvaguardia della sostenibilità economica delle cure.
Quando Kymriah di Novartis è uscito negli Stati Uniti il costo era altissimo, di circa 425 mila euro a paziente. Il trattamento serve come terza linea terapeutica, cioè quando non hanno funzionato gli altri farmaci e il trapianto di midollo, per due tumori del sangue. Uno dei bambini e dei giovani fino a 25 anni (la leucemia linfoblastica acuta), e uno degli adulti (il linfoma diffuso a grandi cellule). Nel primo caso il prezzo pieno che verrà applicato all’Italia sarebbe (la trattativa è secretata) di 320 mila euro, nel secondo di circa 290 mila. Il punto è che i soldi entreranno tutti nelle casse dell’azienda solo se si avrà la certezza che il Kymriah ha funzionato. Sono infatti previste tre tranche di pagamento. La prima, che vale il 15-20% del totale, cioè circa 50 mila euro, si versa al momento dell’infusione (e se il paziente muore nel mese e mezzo necessario a trattare i linfociti prelevati non è dovuto niente). Le altre due, dopo sei mesi e a dopo un anno, sono versate soltanto se il malato migliora e guarisce. Aifa è stata abbastanza lenta nella trattativa e poi ha pure perso alcuni mesi perché, a causa dell’opposizione della ministra Giulia Grillo alla nomina del presidente indicato dalle Regioni, l’agenzia è rimasta senza vertice. Appena l’incarico è stato dato pro tempore al governatore emiliano Stefano Bonacini, la situazione si è finalmente sbloccata. Ieri il cda ha approvato la proposta della commissione prezzi dell’agenzia e da settembre i malati potranno avere il farmaco. Bisogna ribadire che sarà destinato solo a coloro sui quali non hanno funzionato le terapie già esisitenti e che quindi non hanno più alternative terapeutiche efficaci.
A seconda delle stime, il numero dei pazienti varia tra i 500 e i 600 ma un dato preciso si avrà solo quando i centri inizieranno a fare i trattamenti. Ciò che si sa, è che rispondono e guariscono tra il 40 e il 50% dei pazienti. Proprio il fatto che gli insuccessi non siano rari ha spinto Aifa a trattare secondo il sistema del cosiddetto “payment by result”. Alla fine il costo medio per terapia sarà probabilmente compreso tra i 150 e i 200 mila euro. Ma nelle spese bisogna considerare lo sforzo organizzativo dei centri pubblici dove si faranno prelievi e infusioni, ben più difficile da calcolare. Basti pensare che un quarto dei pazienti che prende il trattamento poi deve essere ricoverato in terapia intensiva. Ci vuole un team sanitario esperto per gestire il malato, bisogna fare controlli ed esami prima e dopo (con qualcosa come 25 visite all’anno). Ema, l’agenzia europea del farmaco, ha chiesto inoltre di seguire le persone trattate per 15 anni. Oltre all’accreditamento di Aifa sarà necessario anche quello della casa farmaceutica. L’inizio di una nuova era terapeutica ha i suoi costi.