la Repubblica, 8 agosto 2019
Intervista a Federica Pellegrini. Parla dei suoi amori e dei suoi dolori
La voce è diversa. Anche i pensieri. Nei suoi 31 anni non c’è solo Fede, ma anche più mondo. Il suo stile libero invece è sempre quello. Vincente. Federica Pellegrini ha appena festeggiato il compleanno e il suo quarto titolo mondiale nei 200 sl. «Con molta sobrietà, ma da domani mi concedo qualche esagerazione».
Quindici anni al vertice: roba da uomini?
«No, da donna italiana. Da chi nasce e sa già che nella società parte svantaggiata. Nulla ti verrà regalato, dovrai combattere per avere quello che ti spetta. Poi c’è la voglia che ti spinge a non mollare.
Vogliamo parlare delle nostre calciatrici al mondiale? Di come venissero sottostimate e dei retaggi culturali che ancora ci sono? Guai poi se sei una sportiva che parla di soldi o di squilibri salariali. Diventi una matta che si è montata la testa. Lo sport in più ti insegna che non puoi vincere sempre. Se sei una donna, il suggerimento che ti arriva è: lascia perdere, non è più per te, trova un’altra strada, realizzati diversamente. Io ne ho prese tante di batoste, ci sono stata male, il buio fa male a tutti».
Come ci si rialza?
«Togliendoti le spine. Curandoti le ferite. Lottando. Pensando che sei meglio delle tue cicatrici.
Ributtandoti in acqua. Se fai la cosa che più ti piace al mondo, e per me è così, è una scelta che viene naturale. I bordi non cambiano, anche se magari ti sono sfuggiti».
Ormai i 200 stile sono Pellegrini style.
«L’oro ai mondiali ha meravigliato anche me. Per la tensione. Non l’ho mai provata così forte, ero al limite della paranoia, anche in batteria.
Ma appena in acqua, in un centesimo di secondo, tutto si è sciolto, come se avessi e forse ce l’ho un pilota automatico. Sì un po’ di pretattica nella testa, ma stavo bene, e sono andata libera. La gara, con Matteo Giunta, l’avevamo preparata e costruita proprio così.
Mi sono ritrovata una bracciata sciolta che non avevo nemmeno ai tempi di Alberto Castagnetti».
L’acqua prima era un orco, mangiava e strapazzava bambine.
«È il mio elemento. Mi fa esistere.
Io vivo sperando di poter avere anche fuori quelle sensazioni che ho dentro la piscina. Tutto quello che voglio e sento è lì: poter tenere il ritmo, poter accelerare, rallentare. Questione di fluido, di controllo, del tuo corpo che sa come muoversi. Gli anni li sento nei tempi di recupero, per il resto vado avanti con i programmi di sempre. Ma con più serenità. È come se il vento contro fosse cessato. Prendiamo il fare la valigia».
Ecco, appunto, cosa ci mette.
«Le cose che mi servono per nuotare e che sono fondamentali.
Una volta ci volevo far stare dentro tutto, ora mi sono data pace: mi sono dimenticata qualcosa? Non importa, la comprerò dove vado.
Prima se mi scordavo mi sembrava la fine del mondo».
Ora è più amata. Questione di successi?
«Non credo. L’esperienza in tv, in “Italia’s Got Talent” mi ha fatto conoscere anche come persona, non solo come nuotatrice. Il pubblico si sarà accorto che ho gusti, passioni, sensibilità, come tutte le altre ragazze. E più che i successi avranno apprezzato che ho perso gare, ma non sono stata sconfitta. Non ho mollato, non sono affondata, ho rialzato la testa. Caparbietà, testardaggine, ho ripreso la mia strada. Questo forse mi ha reso più umana e più simpatica».
Era la mangiauomini.
«Ero soprattutto giovane. Vivevo le esperienze. Sembravo una inaffondabile, la campionessa olimpica capace di stravolgere tutto e tutti, invece a Londra 2012 avevo il cervello fottuto, ero innamorata persa di Filippo Magnini, ma c’erano cose che non andavano, che mi destabilizzavano»
Chris Evert nel ’75, semifinale a Wimbledon, in vantaggio contro Billie Jean King, perse dopo aver visto il suo fidanzato Connors in tribuna con un’attrice.
«Sull’amore e lo sport potrei scrivere capitoli. Sui guasti che fa la mente. Non ho rimpianti, ma a Londra proprio non c’ero con la testa. Basta chiedere al tecnico Claudio Rossetto che allora seguiva Filippo e anche me».
Già chiesto: parla di suoi alti e bassi, di una situazione disperata.
«Infatti il fallimento non fu colpa sua, ma io proprio non ce la facevo a restare calma e venivo da un anno problematico. Senza scendere in particolari, troppi avvenimenti personali che non andavano».
Lei è una secchiona.
«Diciamo che non mi piace fare brutte figure. E da giudice dei talent anche davanti ai somari evidenti ho sentimenti contrastanti. Da una parte, mi dico: ma non si accorgono di essere così penosi? E dall’altra resto meravigliata dalla loro sicurezza, dal fatto che loro credono veramente di avere qualità brillanti. Accidenti che coraggio, penso, e per me che mi sono sempre fatta mille problemi è un invito a buttarmi».
Ogni tanto le tocca togliere l’acqua a qualche americana.
«In piscina hanno sempre generazioni straordinarie.
Ledecky stavolta stava male e per una Missy Franklin che ha smesso c’è una Regan Smith che a 17 anni va a ritmi pazzeschi. Hanno giovani sorprendenti, con una potenza di fuoco incredibile.
L’America dello sport è questa, sempre decisa, fiera, piena di autostima. Sono orgogliosi di appartenere a un Paese che nello sport trova un modo di essere molto simile alla vita di tutti i giorni».
In Italia non è cosi?
«Viste le polemiche attuali non molto. Io da atleta a Tokyo 2020 pretendo di andarci con il tricolore, in rappresentanza del mio Paese. Non voglio nemmeno pensare che questo mi sarà impedito. Credo che ritrovare un po’ di buon senso tra le parti ora in polemica, governo e Cio, non sia così difficile. Noi atleti non siamo merce di scambio. Non m’inoltro in questioni di leggi, ma trovo che lo sport italiano rappresentato dal Coni, in più di mezzo secolo ha offerto una buona immagine del Paese e io ai Giochi vorrei andarci con la bandiera del mio Paese».
Ci sono ancora tabù per le donne dello sport in Italia?
«I compensi salariali. Ne puoi parlare solo con chi è dentro lo sport altrimenti se sei una donna ti devi giustificare del guadagno. Per i calciatori il prezzo è segno della loro qualità, per una campionessa una cosa da dire sottovoce, quasi dovessi vergognarti, di cosa poi? Da noi si ammirano gli altri e si giudicano troppo vanitose le altre.
L’altro tabù è il ciclo mestruale».
Vietato parlarne?
«Non si fa, è ineducato, sta male.
Non si studia nemmeno il ciclo femminile a livello sportivo. Effetti collaterali e conseguenze. Io l’ho fatto con la psicologa Bruna Rossi, abbiamo cercato di regolarizzare e di calcolare il ciclo. Io prendo la pillola. Ma se parlo di queste cose rientro nel genere piccola donna alle prese con problemi suoi, poco interessanti. Il ciclo non va d’accordo con il mito».
Con Matteo Giunta discutete molto sull’allenamento?
«Non tanto, meno di quello che pensano in molti. Lui mi ascolta.
Siamo cresciuti insieme, lui come tecnico, io da atleta. Gli dico le mie sensazioni, lui ne prende nota. Mi riconosce come un’atleta evoluta, non come una suddita. Tiene conto dei miei riscontri. Con lui faccio molta palestra, pesi soprattutto. Perché nel nuoto il fisico è tutto, se non hai quel motore che ti porta avanti, smetti di comandare. Tutti mi dicono: facile per te fare i 200, ne conosci ogni angolo di fatica e di fiato, sai come impostarli, e questo significa meno dispendio di energie nervose. Va bene e poi? Bisogna sempre nuotarli».
L’oro innamorato durerà fino a Tokyo?
«A me ai Giochi basta esserci, con un buon stato di forma. Chiedo un’ultima esperienza prima di avere come confine quel bordo vasca. E vorrei arrivarci con la leggerezza che ho adesso. E con la stessa serenità. Su chi amo voglio essere discreta e riservata. Non devo convincere o sconvolgere nessuno. Questa Federica, trentunenne, vuole essere felice. Si è guadagnata anche l’oro della serenità. Sono in vacanza con i miei genitori e con Vanessa, la mia canina, io che vengo da una famiglia di gattari. Ci concederemo un po’ di baldoria poi riprendo allenamenti e tv.
Sono la solita Fede che non ha paura di stancarsi e che a Tokyo vuole andarci con la bandiera».
Le avessero detto che a 31 anni avrebbe messo in riga il mondo?
«Non ci avrei mai creduto. Da ragazza non avrei pensato di essere così competitiva a questa età. Ma è la mia acqua, lo è sempre stata, e sempre lo sarà».