Corriere della Sera, 8 agosto 2019
«Magari», il film di Ginevra Elkann
Con una sensibile, felpata, introspettiva commedia italiana, Magari di Ginevra Elkann, s’è aperto ieri sera, dopo alcuni diluvi universali, il 72esimo Festival di Locarno. Un film sulla famiglia, sul suo disfacimento e idealizzazione che, dato il cognome dell’autrice, fa elegantemente spettegolare, complici i settanta aristocratici invitati arrivati da Torino non in utilitaria.
Sono o non sono loro? I ragazzini del film, bravi, sinceri e bilingue, sono Ginevra, John e Lapo da piccoli? Grati e felici essi rispondono ai nomi di Milo Roussel, Ettore Giustiniani e Oro de Commarque, 9 anni: si sono divertiti e stancati ex aequo, quasi un gioco.
La regista: «Il film nasce da un sentimento autobiografico di Alma, la bambina, ma è anche il mio. I personaggi sono ispirati a tante famiglie che conosciamo, studia la reazione dei figli al divorzio. Poi certo c’è l’inconscio che, da parte sua, fa tanto».
Gli Elkann senior hanno visto, approvato, pure dicendo cortesemente di non riconoscersi e Alain e John fanno due brevi apparizioni. Il resto è nel groviglio quotidiano di una settimana passata al mare da tre fratellini che da Parigi, dove vivono con la mamma seguendo pii il rito ortodosso, vengono «deportati» per Natale sul lungomare di Sabaudia col padre italiano che vedono poco ma sfodera tutto il suo egoismo pasticcione e pieno di affetto. «Immaginando i papà di allora, molto diversi da oggi» conferma l’autrice. «La famiglia è là dove c’è amore» dicono tutti all’unisono. Vien voglia di scriverlo con la maiuscola.
Riccardo Scamarcio e Alba Rohrwacher, l’amica del cuore («non sono identificabile») centellinano con lo sguardo molte sfumature di solitudine dentro un titolo che per la regista copre in andata e ritorno lo spazio esistenziale tra felicità e malinconia. Confessa Scamarcio: «È rischioso, emozionante, divertente condividere l’avventura con tre ragazzi e un cane – come diceva una volta Hollywood —, volevamo esprimere davvero ciò che a volte non dice con parole e ognuno di noi ha portato un contributo di fragilità e indulgenza, protetti a vista da Ginevra. Ma la cosa bella è che sul set siamo diventati una vera famiglia». Una in più. «Le dinamiche familiari sono multiple, vince il senso di appartenenza. Potevamo anche un po’ improvvisare» aggiunge Rohrawacher.
La sfida, la piazza, il grande passo: Elkann desiderava questa serata da quando aveva 14 anni. «Ora ne ho quasi 40 e ho fatto un film sulle montagne russe slittando tra felicità e infelicità, autobiografia e non, citazioni di moda e costume degli anni 90 che mi hanno visto giovane, ma soprattutto il senso di un tempo più lungo e noioso di oggi, con la felicità d’entrare nel cuore della memoria».
Scritto con Chiara Barzini, incrocio di cognomi di mamme note, Magari, prodotto da Mieli e Giagnani e in sala con la Bim nel 2020, non nasconde l’egoismo di genitori consapevoli ma pronti al perdono in nome del volersi bene assieme. «Gli adulti – dice Elkann – sono visti con gli occhi di fratelli molto diversi che cercano di vegliare uno sull’altro e come madre mi stupisce sempre vedere come i piccoli si adeguino alle situazioni della vita».