Corriere della Sera, 8 agosto 2019
Ai domiciliari l’uomo che ha investito i due ragazzi fuori dalla discoteca: è omicidio stradale
«Ho sentito il lunotto esplodere, ho pensato anche a un colpo di pistola, sono andato nel panico». Matteo Scapin, 33 anni, di Curno, nell’interrogatorio in cella racconta un sabato notte diverso da quello ricostruito dalla Procura. Non quello di chi, dopo una lite in discoteca per gli apprezzamenti alla fidanzata e il vetro della Mini infranto, accelera per speronare due ragazzi in Vespa. Luca Carissimi e Matteo Ferrari, 21 e 18 anni, morti ad Azzano San Paolo. Scapin dice di essere stato accerchiato e picchiato fuori dal locale (ha un livido sul fianco destro), e che per strada si è sentito attaccato: «Ho accelerato per scappare, non mi sono accorto di aver sbalzato i due ragazzi». Una mancata percezione che il gip Vito Di Vita ritiene «non credibile». Il resto, secondo il giudice, insinua dubbi sulla ricostruzione dell’accusa. E nel dubbio, il giudice ha riqualificato il duplice omicidio volontario in omicidio stradale aggravato dall’omissione di soccorso. Scapin esce dal carcere, ma resta ai domiciliari perché «socialmente pericoloso». Si è messo al volante dopo aver bevuto, potrebbe rifarlo.
La rottura del lunotto seguita e il pesante diverbio sono per il gip «fatti che possono aver destabilizzato la persona, finita nel panico». I vetri sono stati trovati poco prima del semaforo all’incrocio con la strada della tragedia. Vespa e Mini passano col rosso e svoltano a destra. Dieci secondi dopo, calcola il giudice, avviene l’impatto. Per la polizia stradale, coordinata dal pm Raffaella Latorraca, le telecamere riprendono la Mini che punta la moto. Per i difensori Anna Marinelli e Riccardo Tropea, riprendono una collisione. Nell’ordinanza si parla di «urto, non di investimento pieno». Gli amici delle vittime non convincono il giudice: dicono che l’auto ha preso di mira la moto, non sanno del lunotto.
Marco Carissimi, il padre di Luca, non vuole che passi un messaggio di odio: «È una decisione che non capisco – premette —. Il mio avvocato (Francesca Longhi, ndr) me l’ha spiegata, ma per me resta incomprensibile. Ho informato gli amici di Luca chiedendo loro di non cedere a nessun moto di vendetta. Spero che la giustizia faccia il suo corso».
Ma il ministro Matteo Salvini parla di «decisione che lascia sconcertati e offende le famiglie delle vittime, serve una riforma della giustizia che preveda la certezza della pena».