Il Messaggero, 7 agosto 2019
L’Italia è il paese Ue che spende meno per la ricerca
Non c’e’ bisogno di ricordarlo, ma è sempre bene sottolinearlo, che l’Italia è il Paese europeo che spende meno per la ricerca. La mancanza di fondi è ormai cronica e questa indifferenza della struttura pubblica non invita certo la nostra industria a sostenere la ricerca e a sviluppare piani di investimento a lungo termine per avere a disposizione prodotti ad alto valore aggiunto.
Gli investimenti sono soprattutto importanti nel campo della salute per poter anche solo capire ciò che si fa in tutto il mondo. Senza questi investimenti l’Italia e il suo Servizio Sanitario Nazionale stanno divenendo un ghiotto mercato alla mercé di tutti coloro che vogliono vendere farmaci, dispositivi medici, diagnostici e quant’altro.
GLI INTERESSI
Mantenere un livello di ricerca che possiamo chiamare indipendente è fondamentale per poter ottenere informazioni che non saranno mai ricercate dall’industria perché contro i suoi interessi economici. Se ci fosse nel Paese una cultura scientifica – negata dall’attuale impostazione della scuola a tutti i livelli – si dovrebbe assistere ad una insurrezione popolare perché un Paese senza ricerca é destinato al declino. Il ministro Tria ha recentemente affermato che abbiamo perso 14 miliardi di euro a causa della fuga all’estero dei cervelli. Forse potrebbe rendersi conto che basterebbe spenderne la metà per poter assumere almeno 50.000 giovani con relativi fondi per effettuare la ricerca, inserendo un nuovo grande impulso allo sviluppo della scienza.
Non si tratta solo di soldi comunque, ma anche di attenzione evitando di porre ostacoli alla ricerca. Ad esempio, in molti Paesi chi vuole concorrere ai progetti europei trova nei vari Ministeri molto aiuto, sia nella definizione delle aree di ricerca, sia nella preparazione di specifici progetti.
Noi siamo in difficoltà perfino nella collaborazione con altri Paesi perché la nostra legge, che è oggetto di una infrazione a livello europeo, obbliga a presentare una serie incredibile di documenti. Se si deve fare una ricerca nell’uomo bastava il parere del Comitato Etico a cui oggi si è aggiunta una perdita di tempo dovuta al parere della Autorità competente che è fondamentalmente un doppione. Ancora peggio se si deve fare una sperimentazione sul topo: serve il parere del Comitato etico animale, poi un altro parere del Comitato per il benessere animale, poi l’opinione dell’Istituto Superiore di Sanità e infine il decreto del Ministero della Salute. Fin che passano questi tempi biblici i ricercatori di altri Paesi hanno già fatto la ricerca.
IL CONTRIBUTO
Chi potrà investire in Italia con queste regole? Poiché non vi è mai il peggio al peggio un decreto Ministeriale pubblicato recentemente, richiede che si paghi una tassa per ogni esperimento. Incredibile. Non solo non si sostiene la ricerca, ma per farla si deve pagare come se i ricercatori si divertissero o giocassero d’azzardo. Per capire la situazione l’ Istituto Mario Negri per 700 ricercatori riceve ogni anno dal Ministero della ricerca, con notevole ritardo, circa 60.000 euro. Questo contributo non sarà sufficiente per pagare le tasse per fare la sperimentazione. È inutile ogni commento.