La Stampa, 7 agosto 2019
Cocciante riscrive la Turandot «dal punto di vista cinese»
Dopo «Il Piccolo Principe», «Romeo e Giulietta» e «Notre Dame de Paris», il prossimo progetto si chiama «Turandot». A Milano per promuovere una nuova tournée proprio di «Notre Dame», Riccardo Cocciante annuncia questa nuova avventura. «Sarà una rilettura alla mia maniera della fiaba, che continua il mio discorso musicale. E non avrà niente a che fare con quella di Puccini. Sarà una fusione tra passato e presente, tra Oriente e Occidente. Con l’attenzione all’incrociarsi di culture diverse».
Cocciante ci sta lavorando con Pasquale Panella: pronta a maggio 2020, debutto a Pechino, nel cast il coreografo e regista belga Micha Van Hoecke e la costumista premio Oscar Gabriella Pescucci. Produzione, lingua e interpreti saranno cinesi. Le audizioni per la schiava Liù, il re tartaro Timur e il nobile Calaf sono già iniziate: «I cantanti cinesi sono molto bravi, hanno un’ottima scuola, ma sono convenzionali, dotati di una vocalità accademica. Che a me non piace. Io cerco interpreti più autentici, semplici, magari “sporchi” ma che trasmettano emozioni».
Emozioni che gli diedero invece molti degli interpreti italiani che nel lontano 2002 parteciparono ai primissimi provini dell’opera, se a distanza di tanti anni li ritroviamo quasi tutti nel cast di questa nuova stagione: Giò di Tonno (Quasimodo), Vittorio Matteucci (Frollo), Matteo Setti (Gringoire), Leonardo Di Minno (Clopin), Graziano Galantone (Febo). Nel ruolo di Esmeralda invece una debuttante, Elhaida Dani, che però si è già fatta le ossa in una tournée internazionale che ha toccato Russia, Cina e Corea: ma lì cantava in francese.
Il talent
Creatura di Cocciante in tutto e per tutto Elhaida: con lui come coach, questa giovane albanese vinse la prima edizione di «The Voice of Italy». «Meritava di vincere – dice il musicista -. Non solo per la voce, bellissima: mi era piaciuta la forza con cui era riuscita a inserirsi in un mondo non suo». Finito il talent, mentre sta consolidando una carriera da cantante, Cocciante la cerca. «Prima le ho proposto un ruolo minore, quello di Fiordaliso. Poi quando l’ho vista pronta, anche come padronanza della lingua, le ho affidato Esmeralda». In Italia in quel ruolo tutti ricordano Lola Ponce. «Elhaida non è un clone, è un’altra Esmeralda. Sul palco porta un po’ della propria vita». Mora e un po’ gitana, non ha bisogno di trucco per entrare nei panni della protagonista.
Vent’anni di successi
Sono passati oltre 20 anni da quando, nel 1998, «Notre Dame de Paris» debuttò in Francia. E l’entusiasmo per la propria creatura da parte dell’artista italo-francese è immutato. Il lancio della tournée (partenza da Pesaro a settembre, tappe a Verona, Milano, Firenze, Napoli, Torino al PalaAlpiTour dal 20 al 22 dicembre, Roma) si trasforma in un piccolo happening: lui al piano che canta insieme agli interpreti. Quella che potrebbe essere la stanca riproposizione di un rito già tante volte eseguito si fa spettacolo.
Ha macinato record «Notre Dame de Paris»: solo in Italia oltre un milione di spettatori e 238 repliche, nel mondo circa 13 milioni e più di 5000 serate. Eppure gli inizi non furono facili. «Nessuno voleva sentirne parlare – ricorda Cocciante -. L’unico a concedermi del tempo fu Charles Talar: gliela suonai e cantai tutta. Uscì lasciandomi un assegno e dicendo che andava a prenotare il Palais de Congrès per 4 mesi. Un eroe». In Italia fu David Zard l’eroe che credere nella «nostra follia» (e oggi che lui non c’ è più a produrre c’è il figlio Clemente): poiché allora a Roma non c’erano un palcoscenico abbastanza grande per ospitarla, fece edificare lui il Gran Teatro dove avrebbe debuttato.
L’amore per Parigi
Si parla dell’opera e il pensiero va alla Cattedrale distrutta dalle fiamme ad aprile. «Ero a Parigi. Ricordo l’incredulità. E poi quello stringersi di tutti attorno a una chiesa che diventava simbolo unificante di storia e cultura. All’inizio avevamo pensato di fare qualcosa, poi la raccolta di fondi per la sua ricostruzione superò ogni più rosea aspettativa. Rinunciammo, per non sembrare di volere approfittare di un evento così tragico».
Un’ultima osservazione del musicista riguarda l’attualità dei temi toccati da «Notre Dame de Paris». «Che forse oggi sono ancora più attuali di vent’anni fa. Tuttavia, emarginazione ed esclusione sono temi universali nella storia dell’umanità. L’orda si muove ed etnie si sovrappongono ad altre etnie. La diversità che si genera però è una ricchezza. Anche se il contatto all’inizio non è mai facile». —