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 2019  agosto 07 Mercoledì calendario

Intervista Sergio Ferrara, il fisico italiano che ha vinto il Breakthrough Prize e un milione di dollari

«La supergravità risale al mio periodo parigino». Sergio Ferrara è un artista delle formule e ricorda come nacque quella teoria che ieri, 43 anni dopo, gli è valsa l’ambitissimo Breakthrough Prize, un sorta di premio Nobel contemporaneo istituito (e finanziato) da magnati come il miliardario russo Yuri Milner, il co-fondatore di Google Sergey Brin e i fondatori di Facebook e Alibaba, Mark Zuckerberg e Jack Ma. «Era la fine del 1975 e mi trovavo a Parigi perché, oltre che al Cern, facevo ricerca alla “École Normale supérieure”. Nella capitale francese incontrai Daniel Freedman e cominciammo a “trafficare” con la relatività generale per coniugarla con la fisica delle particelle. Poi a noi si sarebbe unito Peter van Nieuwenhuizen, dell’Università Stony Brook di New York. L’anno successivo tutti e tre insieme firmammo l’articolo che avrebbe dato vita alla teoria della supergravità».
Ferrara, 74 anni, è nato a Roma ma ha trascorso gli ultimi trent’anni a Ginevra («Però torno spesso nella mia città, anzi sto per partire proprio in questi giorni»). Laurea in fisica alla Sapienza nel 1968, poi un passaggio ai Laboratori di Frascati dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (cui è tuttora affiliato), nel 1980 è entrato a far parte in modo permanente dello staff del Cern, il laboratorio europeo leader mondiale nello studio delle particelle elementari.
Solo ieri, però, dopo più di 40 anni, quell’idea che lei, Freedman e van Nieuwenhuizen avete concepito tra Parigi, Ginevra e New York ha avuto un riconoscimento clamoroso con il Breakthrough Prize.
«Noi fisici teorici ci siamo abituati.
Anche Francois Englert e Peter Higgs hanno ricevuto il Nobel sessant’anni dopo la teoria sull’omonimo bosone. Tra l’altro la nostra supergravità non è ancora stata verificata sperimentalmente».
Dunque perché il premio?
«Credo che sia un riconoscimento al fatto che questa teoria ha aperto la strada a tutta una serie di studi successivi. Senza la supergravità, per esempio, non ci sarebbe stata la teoria delle stringhe. Il comitato del Breakthrough, guidato dal grande fisico Edward Witten, ha voluto premiare uno studio del 1976 che per la prima volta metteva insieme la relatività generale e le altre interazioni fondamentali».
Come spiegherebbe questa teoria?
«La supergravità permette di trattare la teoria della gravitazione di Einstein a livello quantistico con l’aiuto di una simmetria. Questa supersimmetria ha la proprietà di scambiare le particelle che veicolano i campi delle forze fondamentali (i bosoni) con le particelle di cui è fatta la materia (i fermioni). L’idea che i bosoni si potessero convertire in fermioni, e viceversa, è stato il vero nuovo ingrediente: ha permesso di elaborare un teoria della gravità che per la prima volta metteva insieme anche le altre interazioni, quella elettromagnetica, la nucleare debole e la nucleare forte. È stata la prima unificazione tra relatività generale e fisica delle particelle».
La matematica necessaria non deve essere proprio alla portata di tutti.
«In effetti, la supersimmetria usa persino i cosiddetti numeri “anticommutanti”. Numeri, per esempio, il cui quadrato può fare zero».
Veniamo ai numeri del premio: quanto vale il Breakthrough?
«Mi vergogno quasi a dirlo: circa un milione di euro a testa per noi tre vincitori. Tre volte il premio Nobel».
Cosa ne farà?
«Non ci ho ancora pensato. Ma non ci sono restrizioni da parte di chi lo assegna, il premio è completamente personale: protei comprarci una casa o lasciarli ai nipoti».
Quanti ne ha di nipoti?
«Tre: Valeria, Adriano e Flavio».
Ha mai spiegato loro la supergravità?
«Sì, ogni tanto parliamo del mio lavoro. Loro sono interessati e capiscono, perché leggono libri di divulgazione».
Si aspettava il premio?
«Assolutamente no. Il 18 luglio sono tornato casa dopo una cena a ristorante e ho trovato dei messaggi in segreteria. Quando ho richiamato mi hanno detto che avevo vinto. Ed è stata una vera sorpresa, perché il comitato che lo assegna è molto selettivo ed è raro che lo conferiscano a dei fisici teorici».
Avete festeggiato in famiglia?
«C’è stata grande soddisfazione, perché è come vincere un Nobel. E non parlo solo della gratificazione personale: penso sia un riconoscimento importante anche per anche per gli istituti che rappresentiamo, nel mio caso il Cern e l’Infn».
Ora non resta che trovare la prova sperimentale della vostra supergravità. Quanto ci vorrà?
«Succederà quando il Large Hadron Collider del Cern dimostrerà l’esistenza di nuove particelle con proprietà particolari: superpartner delle particelle che già conosciamo. Ci vorrà tempo, ma io e la maggioranza della comunità scientifica siamo convinti che accadrà, per il semplice motivo che questa teoria non ha alternative altrettanto convincenti. Se ripensiamo ai sessant’anni che ci sono voluti per scoprire il bosone di Higgs, noi abbiamo ancora due decenni di tempo».