la Repubblica, 7 agosto 2019
Entro il 10 agosto Obama avrà più follower di Katy Perry
In casa Twitter è già iniziato il conto alla rovescia. Sta per cadere la regina. Al suo posto ci sarà un re. Parliamo della classifica guidata dalla persona con più follower al mondo, quella che quando dice qualcosa, qualunque cosa, la leggono subito più di cento milioni di persone. Dopo sei anni sta per finire il regno di Katy Perry, 34 anni, cantautrice di melodie facili e idolo degli adolescenti. Allora, era il 3 novembre 2013, sorpassò un’altra pop star per ragazzini, Justin Bieber. Un normale avvicendamento in un social network che sul podio vede anche Taylor Switft, Rihanna e Lady Gaga. Solo che il nuovo re non sarà una cantante. Non sarà un calciatore (sorry, Cristiano Ronaldo). Non sarà un presidente in carica. Sarà un ex. Sarà Barack Obama.
La data del sorpasso è praticamente certa. Entro il 10 agosto. Ora più ora meno. Ancora qualche giorno insomma e l’ex presidente degli Stati Uniti raggiungerà la pop star a quota 107 milioni e 900 mila follower. E subito la staccherà. Lo dice la matematica. Nel 2019 Obama sta crescendo di mezzo milioni di follower al mese, la Perry di 130 mila. È come vedere la corsa di un triciclo e una Ferrari. Il triciclo è in testa ma sai già chi vincerà. Game over.
L’aspetto più sorprendente non è il cambio in vetta, è il fatto che riguardi Barack Obama adesso. Un ex presidente che da due anni e mezzo ha lasciato la politica attiva, che ogni tanto fa qualche conferenza per la sua fondazione e che twitta pochissimo. In media 18 volte al mese, meno di una volta al giorno. Secondo i dati elaborati da Kpi6, nell’ultimo anno e mezzo ha twittato quanto negli ultimi due mesi alla Casa Bianca. Dove nel frattempo al suo posto è approdato un presidente che vive su Twitter. Non è un modo di dire. Donald Trump si sveglia su Twitter e si addormenta su Twitter; minaccia guerre, annuncia dazi, ridicolizza gli avversari, mette all’indice i giornalisti con i suoi tweet grondanti lettere maiuscole e punti esclamativi. Come i messaggini di un adolescente. Solo a giugno si sono contati 650 tweet di @realdonaldtrump, più di 20 al giorno. Contro i 18 al mese di Obama. Uno non sta mai zitto, l’altro pesa ogni parola. Visti i tempi, sta arrivando il re che non ti aspetti.
La cosa più bizzarra è che la rimonta di Obama è partita quando tutti si aspettavano il trionfo social di Trump. Che invece non c’è stato. Sebbene l’attuale presidente Usa sia la persona più discussa in rete, con circa 400 citazioni al minuto, oltre 200 milioni nell’ultimo anno. Ma un conto è parlare di Trump, un altro è seguirlo. Questa piccola differenza Jack Dorsey, uno dei tre fondatori di Twitter, l’unico rimasto al timone della società, deve averla spiegata di persona a Trump stesso nell’aprile scorso quando il presidente a sorpresa lo convocò alla Casa Bianca per chiedere conto della simpatia della Silicon Valley per i democratici e delle continue espulsioni dai social di molti profili di razzisti e violenti. Una pratica che faceva perdere seguaci a Trump. Presidente, potrebbe avergli spiegato: lei oggi è indietro di 45 milioni di follower, se continua a crescere così, perché cresce di 800 mila follower al mese, mica pochi; se continua così lo raggiunge fra una ventina di anni… si dia pace.
Ma perché seguire Obama oggi? Perché in due anni più di 30 milioni di persone sono diventate follower di un ex? La risposta più sensata appare la più sorprendente: perché su Twitter, che come è noto è il terreno di elezione degli haters, e forse quindi nel mondo, c’è una ostinata voglia di Obama. O meglio: c’è una domanda delle speranze che ha rappresentato, che sono più forti degli errori che pure ha commesso. Lo dimostra il fatto che fra i dieci tweet che hanno avuto più impatto di tutti i tempi, sei sono di Obama. Sei su dieci. Così come è di Obama il primo assoluto. Che vale la pena ricordare perché ci dice chiaramente cosa aspetta, cosa spera una parte di mondo da Obama. Dunque, era il 13 agosto 2017, c’era appena stata la strage di Charlettosville, in Virginia, non molto diversa purtroppo dalle due appena registrate: un’auto, guidata da un suprematista bianco, aveva puntato dritto sui manifestanti che protestavano contro un gruppo minaccioso che da due giorni cantava inni nazisti sventolando svastiche. Una persona era morta e 28 erano rimaste ferite. Trump intervenne per dire che la violenza andava condannata, certo, ma da entrambe le parti. Come da entrambe le parti? Obama non disse nulla, scelse Twitter: sotto una foto dove salutava dei bambini affacciati alla finestra di una scuola (la scuola di una figlia, bimbi di mille colori), riportò una citazione di Nelson Mandela che iniziava così: “Nessuno è nato odiando gli altri per il colore della pelle, per la sua storia o la religione…”. Quattro milioni e quattrocentomila persone in due giorni cliccarono sul cuoricino del like. Può sembrare poco, può sembrare nulla. Ma invece forse è la prova che non tutto è perduto.