il Fatto Quotidiano, 6 agosto 2019
Oggi la cassazione decide sul caso Bossi-Belsito
A meno di un passo dalla prescrizione, oggi ci sarà l’udienza in Cassazione per Umberto Bossi e Francesco Belsito. Il leader storico della Lega e l’ex tesoriere sono stati condannati in Appello, a Genova, per truffa ai danni dello Stato. La loro condanna ha portato all’ormai famoso sequestro di 49 milioni di euro che l’attuale leader del Carroccio Matteo Salvini è riuscito a spalmare su 80 anni. Nel frattempo, Genova indaga per verificare se parte dei soldi della Lega siano finiti in conti occulti all’estero, in particolare in Lussemburgo, proprio per aggirare il sequestro.
La Cassazione, sezione feriale, ha dovuto fissare in tutta fretta l’udienza di oggi perché altrimenti il processo sarebbe finito al macero dato che il reato si prescrive tra 48 ore. Il collegio è presieduto da Fausto Izzo, relatore Piero Messini Dagostini. Per l’accusa ci sarà il sostituto procuratore generale Marco Dall’Olio, come all’udienza in Cassazione di novembre che confermò la confisca milionaria chiesta dalla procura di Genova, a cui aveva dato ragione pure il Riesame. In quel caso fu respinto il ricorso degli avvocati della Lega, così come aveva chiesto anche Dall’Olio.
Bossi e Belsito in Appello sono stati condannati rispettivamente a due anni e 6 mesi e 4 anni e 10 mesi per rimborsi elettorali usati per fini illegittimi grazie alla falsificazione dei bilanci nel periodo 2009-2011. Molti di quei soldi furono spesi per la Bossi “family”, per investimenti, secondo l’accusa, in diamanti e altro. Il ricorso è stato presentato sia dalle difese sia dal sostituto pg di Genova Enrico Zucca contro la derubricazione del reato per gli ex revisori dei conti della Lega, Stefano Aldovisi, Antonio Turci e Diego Sanavio condannati non per truffa ma per un reato minore. Non certo un dettaglio tecnico questo, ma il nodo centrale dell’udienza su cui puntano le difese di Bossi e Belsito: se i giudici della Cassazione, che sono giudici di legittimità, dovessero riscontrare un vizio nella sentenza d’Appello che ha confermato per l’ex segretario e l’ex tesoriere, invece, il reato di truffa ai danni dello Stato, allora ci sarebbe un colpo di scena da far esultare Salvini per settimane. Infatti, se, in astratto, Bossi e Belsito dovessero vedersi derubricare anche loro il reato, cadrebbe la confisca dei 49 milioni. Ipotesi possibile, ma inverosimile…
I giudici d’Appello per motivare la truffa ai danni dello Stato hanno scritto che la Lega avrebbe potuto addirittura “in modo tacito e informale sostenere spese in favore di Bossi, per rispetto verso il fondatore del movimento, per riconoscenza, ma la spesa avrebbe dovuto avere regolari giustificativi così da rendere trasparente agli elettori la scelta fatta di come utilizzare i rimborsi, che come tale sarebbe stata insindacabile”. Quindi, concludono i giudici, “i documenti falsificati trasmessi alle Camere hanno condizionato l’erogazione integrale dei rimborsi elettorali”. Inoltre, spiegano che non importa se tutti i 49 milioni siano stati “sperperati”, “occultati”, “investiti”.
È rilevante, invece, che “le disponibilità monetarie, in questo caso del partito politico, si siano accresciute di quella somma, legittimando quindi la confisca in forma diretta del relativo importo”. Ovvero 49 milioni. Infatti, i soldi furono incassati anche quando c’era come segretario Roberto Maroni e poi Salvini.
Ecco perché la Lega deve restituire il maltolto se oggi la Cassazione confermerà la sentenza d’ Appello per Bossi e Belsito contro i quali non si è costituita parte civile.
Infine, c’è un piccolo incidente. Come ha scritto il Secolo XIX, ieri, durante la trasmissione degli atti dalla Corte d’Appello in Cassazione si sarebbe perso un faldone. Un fatto già accaduto tante volte per altri processi. Ma la Cassazione non ha bisogno di tutti gli atti, essendo giudice di legittimità e, quindi, non dovrebbe pesare sul processo. Certo, gli avvocati potrebbero appigliarsi a questo per una mossa disperata: chiedere il rinvio che, se concesso (improbabile) porterebbe alla prescrizione. Ma resterebbe la confisca dei 49 milioni.