Corriere della Sera, 6 agosto 2019
Chi era Yvonne De Gaulle, la première dame che si batté per la pillola anti-concezionale
Lei bassina e poco incline a mettersi in luce, lui «davvero troppo più alto di me». Charles de Gaulle, imponente di statura e di personalità: qualunque altra donna ne sarebbe stata schiacciata; tranne Yvonne.
Leggenda vuole che il fidanzamento fosse suggellato nel 1920 da una tazza di thè, maldestramente versata dall’allora capitano di ritorno dalla Polonia sul vestito buono della signorina di Calais. Non ci sono testimoni. Quel che si sa è che la famiglia Vendroux, grande borghesia del Nord francese, aveva tramato l’incontro in segreto, per non indispettire la figlia Yvonne. Altro che docile e accomodante!
Il quotidiano Libération, con l’aiuto della biografa Féderique Neau-Dufour, ricostruisce un profilo del tutto inaspettato della prima prèmiere dame della Quinta Repubblica. La «zia Yvonne» coi guantoni da forno, le teglie di biscotti, i barattoli di confettura, le buone maniere, l’intrattenimento delle mogli di dignitari a fine cena mentre gli uomini restano a fumare sigari e a parlare di cose serie. Ecco, è quello che ha voluto farci credere: «Ha impersonato questo ruolo di figura poco interessante, banale – spiega la storica al quotidiano – perché non la infastidissimo».
Nella realtà, il personaggio sarebbe stato molto più divertente, addirittura malizioso. Figlia di un’epoca di tragedie collettive e donne forti, nata nel 1900, sua madre capo-infermiera volontaria per i soldati della prima Guerra mondiale, lei stessa alpinista. Non la scoraggia la fuga a Londra nel ’40 coi tre figli al seguito, Anne malata; non si perde d’animo durante l’attentato di Petit-Clamart, nel ’62, quando simpatizzanti dell’Oas (estremisti francesi contrari all’indipendenza della Colonia algerina) tentano di assassinare il presidente e c’è anche lei a bordo dell’auto assaltata.
In tutta la solenne parabola di De Gaulle, Yvonne è presente. L’appello alla resistenza, il Comitato di liberazione nazionale, la guerra d’Algeria, il referendum che fonda la Quinta Repubblica e infine l’arrivo alla presidenza, l’8 gennaio del ’59. «Sai che trasloco? – scrive Yvonne in un biglietto al nipote Jacques Vendroux – ti do subito il nuovo indirizzo del mio piccolo cinque vani: 55, rue du Faubourg Saint Honoré», il palazzo dell’Eliseo. Compagna solida e affidabile, ma con una chiave ironica, il contro-canto alla grandeur del Generale. Sull’argenteria è marcato RF (République Française) e lei scherza: «Significa Resistente al Fuoco, vero?».
Pure il suo cattolicesimo bigotto sembra essere stato ritagliato su un personaggio immaginario più che sulla vera signora de Gaulle. Di un affresco all’Eliseo con angioletti pudicamente coperti, «non sono io che ho fatto aggiungere i drappi», diceva. E, soprattutto, su questioni importanti come la legalizzazione della pillola anti-concezionale sarebbe stata lei a convincere il marito. Nell’ombra, senza aver mai dato un’intervista, praticamente muta in pubblico al punto che pochi in Francia sapevano dire che voce avesse, riceveva e leggeva lettere di concittadine. Da questa spinta, e per l’esperienza personale dell’adorata figlia Anne, con un cromosoma in più, morta a vent’anni, avrebbe creato – senza pubblicità – una fondazione privata per evitare i ricoveri alle bambine con deficit cognitivi nate in famiglie senza risorse. La Fondation Anne-de-Gaulle che esiste ancora.