il Fatto Quotidiano, 5 agosto 2019
Farsi il bagno a pancia piena non fa male
Li senti ancora lamentarsi, stravaccati sotto l’ombrellone, che si tratta di un’ingiustizia, proprio come i loro coetanei ragazzini di quarant’anni fa. Sono passati decenni ma il divieto di farsi il bagno dopo mangiato ancora permane tra le mamme italiane contemporanee, che all’antica interdizione delle madri anni Settanta – risalente, pare, addirittura al medico greco Galeno – hanno poi aggiunto altre mille attenzioni, dalla crema 50 al succo di frutta senza zucchero. Tutte cose giuste, tranne quella. Perché no, il bagno dopo mangiato non è pericoloso, nonostante il nostro Ministero della Salute ammonisca di aspettare le classiche tre ore sul proprio sito (in una pagina scritta nel 2007 e aggiornata nel 2015). Lo ribadisce ormai da tempo l’autorevole rivista pediatrica Uppa, con le parole del pediatra Lucio Piermarini: il timore di una presunta “congestione”, termine tra l’altro non scientifico, è infondato, anche perché quand’anche qualcuno che si tuffa dopo pranzo si sentisse male avrebbe tutto il tempo di uscire dall’acqua, visto che il malessere è progressivo.
Molto più pericoloso, e specie per gli adulti, l’impatto dell’acqua fredda sul viso che, scrive Piermarini, potrebbe “scatenare una violenta reazione nervosa riflessa che rallenta la frequenza cardiaca e abbassa la pressione arteriosa per cui, se il tutto dura più di qualche secondo, il cervello va in blocco e si affoga anche in pochi centimetri di acqua”. Per evitarla, però, basta bagnarsi prima di entrare in acqua. Questa tesi è confermata da altre autorevoli istituzioni, come l’Organizzazione mondiale della sanità, ma anche la Croce rossa statunitense, la International Life Saving Federation e persino la American Academy of Pediatrics: nessuna di queste, infatti, rileva un legame certo tra nuotare dopo mangiato e finire annegati.
E dire che quest’ultimo è una delle cause principali di morte per bambini (specie da 1 a 4 anni), ma anche ragazzi, specie maschi. Ad aggravare il rischio però sono condizioni socioeconomiche basse, l’utilizzo di alcol, ma anche il fatto che i bambini vengono spesso lasciati incustoditi, anche se per affogare basta pochissimo, come hanno mostrato recenti casi di cronaca. Se proprio dunque temete che l’infante si senta male in acqua, aspettate un’oretta, il tempo di digestione di carboidrati, latticini e verdure. E evitate la fettina, che invece di ore ne richiede ben di più. Ma soprattutto, usate il buon senso, perché anche la partita di beach volley sotto al sole dopo aver mangiato bene non fa.
E poi conta anche la temperatura dell’acqua, che è cambiata rispetto a quarant’anni fa, tanto che appare un poco grottesco impedire al bambino di entrare nell’acqua magari tiepida. Insomma, entrate pure in acqua quando volete, e fateci entrare i vostri figli, come da sempre hanno fatto i ragazzini stranieri, basta farlo gradualmente. La cosa più importante è controllare i veri pericoli: a partire dal perdersi a chattare sui social network mentre vostro figlio di pochi anni cammina libero intorno a una piscina. Questo sì che può essere letale, per i piccoli.