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 2019  agosto 05 Lunedì calendario

«Le pulci simpatiche» di Steinbeck

John Steinbeck è famoso soprattutto per i suoi epici classici americani come Furore e La valle dell’Eden. Il racconto breve ora pubblicato per la prima volta in inglese, The Amiable Fleas ("Le pulci simpatiche"), invece, non parla di ingiustizie sociali, di viaggi avventurosi o di quanto l’umanità possa essere crudele. È, piuttosto, un divertente racconto su uno chef parigino che ha per compagno, tra i fornelli, un gatto.
Durante il periodo in cui visse a Parigi, città che amava, a metà del secolo scorso, Steinbeck scrisse una serie di 17 brevi pezzi, per lo più non di fantasia, per il quotidiano Le Figaro. Li scrisse in inglese e furono poi tradotti in francese. Uno di questi lavori, un racconto di fantasia intitolato Les puces sympatiques, è stato ora pubblicato sull’ultimo numero di The Strand Magazine, un trimestrale letterario che ha sede a Birmingham, in Michigan. Questa rivista aveva già portato alla luce scritti inediti di Ernest Hemingway e Raymond Chandler. Nel 2014, pubblicò un’altra storia breve di Steinbeck, che, come è noto, vinse il Nobel per la Letteratura. Si trattava, in quel caso, di un racconto scritto per un programma radiofonico patriottico durante la seconda guerra mondiale, che fu letto da Orson Welles in una trasmissione del 1943.
Andrew F. Gulli, caporedattore di Strand, racconta che, per trovare storie da pubblicare, aveva assunto un ricercatore che setacciasse la biblioteca dell’Harry Ransom Center, che ha una collezione di libri e manoscritti rari, presso la University of Texas di Austin. «Quando l’ho letto mi sono detto: “Perbacco!"», dice Gulli riferendosi a The Amiable Fleas. «Come curatore di racconti brevi, l’ho trovato veramente interessante. C’è qualcosa di universale nella storia di questo chef e del suo gatto».
Nel racconto si parla di un ristorante di fantasia chiamato “Les puces sympatiques” poco lontano da Place de la Concorde (il ristorante potrebbe alludere a “Les Deux Magots”, famoso caffè parigino ritrovo di scrittori e artisti che esiste ancora), È gestito da uno chef, Amité, che ha ricevuto una stella Michelin ed è ansioso di ottenerne un’altra. «È estremamente agitato», dice Gulli. «Per assaggiare il cibo si affida a un gatto, che con un cenno gli fa capire la sua approvazione o disapprovazione. Questo magnifico gatto si chiama Apollo».
Se avete intenzione di leggere questa storia di 1.500 parole, il resto di questo paragrafo potrebbe rovinarvi l’appetito: il giorno in cui deve venire a cena l’ispettore della Michelin, succedono una serie di contrattempi e Amité pesta la coda di Apollo. Poi dà un calcio al gatto, che va a rifugiarsi sdegnato in un vicolo. Senza Apollo, la cena è un disastro. Ma c’è un colpo di scena: gli viene data una seconda chance e lui troverà un ingrediente segreto vincente. The Amiable Fleas potrebbe sembrare una racconto leggero per uno scrittore noto come cronista della sofferenza umana. Ma anche la commedia era importante per Steinbeck, dice Susan Shillinglaw, professoressa di inglese alla San Jose State University di San Jose, in California, ed ex direttrice del Martha Heasley Cox Center for Steinbeck Studies. «Gli piaceva inventare storie divertenti e aveva un grande senso dell’umorismo», dice. «Qualcuno potrebbe dire che non riconosce lo stile di Steinbeck, ma il suo stile è flessibile e ha un’ampia gamma di toni».
I romanzi di Steinbeck degli anni Trenta, come Pian della Tortilla, Uomini e topi e Furore, che ricevette il Pulitzer per la narrativa, erano in gran parte radicati in un momento e in luogo particolari. Parlano di persone che lottano negli anni della Depressione e che vivono o sono dirette nello Stato dove è nato l’autore, la California.
Vennero poi gli anni Quaranta, che furono un periodo di transizione. Steinbeck scrisse un diario di viaggio con il biologo marino Ed Ricketts, fece qualche reportage di guerra e finì alcuni romanzi, tra cui
Vicolo Cannery. Il 1948 fu un anno difficile, con la separazione dalla sua seconda moglie e l’improvvisa scomparsa del suo amico Ricketts. Gli anni Cinquanta furono più positivi. Steinbeck si sposò per l’ultima volta nel 1950, pubblicò La valle dell’Eden nel 1952 e viaggiò spesso con sua moglie, Elaine. Nonostante la sua vita irrequieta, l’amore di Steinbeck per Parigi, dice Shillinglaw, era evidente. All’epoca in cui scriveva per Le Figaro, nel 1954, aggiunge, «era probabilmente un uomo felice».
Nel suo primo articolo per il giornale, Steinbeck scrisse che gli era sembrato presuntuoso che lui, straniero, scrivesse di Parigi. Ma poi aggiungeva di aver cambiato idea considerando che uno straniero può vedere le cose da una prospettiva diversa. «Uno sguardo non preparato vede cose che l’esperto non nota», scrisse Steinbeck. «Il mio è uno sguardo del tutto ingenuo su Parigi, ma è uno sguardo incantato». Poco dopo, uscì la storia del nervoso signor Amité e del suo fiero Apollo.
Non si tratta solo di uno chef e del suo gatto. La storia inizia in modo più ampio, con una difesa delle “piccole storie” e delle “delicate verità”, che, sostiene il narratore, possono confortare le persone meglio delle dure storie di cronaca, o della “grancassa del destino quotidiano”. Poi prende in giro gli intellettuali che si riuniscono in quel ristorante immaginario: un pittore che lavora con l’inchiostro invisibile, un architetto famoso per il suo odio per gli archi rampanti e un poeta «il cui lavoro è così magnificamente oscuro che nemmeno lui lo capisce».
Negli anni Sessanta Steinbeck vinse il Nobel. Tornò a concentrarsi sulla vita negli Stati Uniti, esaminandola criticamente in Viaggio con Charley, reportage di un viaggio in macchina con il suo barboncino. Morì per arresto cardiaco nel 1968, a 66 anni.
Susan Shillinglaw dice che Steinbeck conosceva bene la gravitas, ma va ricordato anche per la sua modestia e il suo costante amore per la commedia, che si può apprezzare in testi come quelli che scrisse a Parigi. «Ciò che è importante è l’ampiezza del suo registro, la sua capacità di scrivere qualcosa di leggero pur rimanendo profondo», aggiunge. «Penso che questo fascino spontaneo sia caratteristico di Steinbeck».
© 2019 The New York Times Traduzione di Luis E. Moriones