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 2019  agosto 05 Lunedì calendario

La maggior parte degli italiani vogliono la Tav


Sui due progetti incompiuti del governo pesa poco la fedeltà alla linea dei partiti
Regionalismo, ancora scarsa la conoscenza del merito della riforma
Un anno dopo l’avvio del governo giallo-verde, alcuni fra i progetti più significa tivi dei “soci di maggioranza” sono ancora incompiuti. Anche se risultano, costantemente, al centro del dibattito politico. E, prima ancora, pubblico. Due, tra gli altri. La realizzazione della TAV, la linea ferroviaria del Treno ad Alta Velocità Torino-Lione, da un lato. L’attuazione dell’Autonomia regionale differenziata, dall’altro. Continuano ad animare il confronto. In Parlamento ma, soprattutto, sui media. Infatti, siamo in tempi di “campagna elettorale permanente”. Anche se le elezioni non sembrano imminenti. Perché gli alleati (per così dire) e l’opposizione (in ordine sparso) non hanno prospettive di lungo periodo. Il futuro, oggi, si misura in mesi, non certo in anni. E nessuno è in grado di prevederlo. Tanto meno, di controllarlo. Così, diventa importante avere sempre una bandiera da agitare. Ieri: il reddito di cittadinanza, quota 100 (o) la legge sulla legittima difesa. Oggi: l’Autonomia regionale. Rivendicata, anzitutto, dalla Lega. Mentre la TAV rimane un tema privilegiato del M5s. In “negativo”. Perché, da tempo, i 5 Stelle sostengono il movimento che mira a “fermare” il progetto. I NO TAV. Tuttavia, il governo pare intenzionato a procedere su questa strada. Perché fermarsi adesso costerebbe molto. Troppo, per tenere in piedi il bilancio del Paese. Così la questione torna decisiva. All’ordine del giorno. Come l’Autonomia differenziata, contro la quale si stanno mobilitando soggetti politici e culturali. Che agiscono soprattutto, (ma non solo) nel Sud. Con iniziative a elevato impatto simbolico, prima che economico. Come la recente protesta promossa in Calabria, attraverso il “boicottaggio” del Prosecco, bandiera dell’economia e del “gusto” veneto. Per colpire il Veneto guidato da Luca Zaia. Accusato di essere il principale beneficiario e, prima ancora, artefice della riforma autonomista. Ai danni anzitutto del Sud. Drammatizzando la storica – e mai risolta – “questione meridionale”.
Tuttavia, se osserviamo i risultati di un sondaggio di Demos per Repubblica, condotto alcune settimane fa, scopriamo che entrambi i provvedimenti dispongono di un largo consenso, fra gli elettori. In modo trasversale, anche se non omogeneo, sul piano territoriale e politico. In altri termini, sia la TAV sia il “Regionalismo differenziato” ottengono un sostegno maggioritario e perfino crescente, presso l’opinione pubblica. Quasi dovunque. In particolare, il 70% dei cittadini esprime una valutazione sufficiente o positiva (con un voto pari o superiore a 6) nei confronti della TAV. Solo il 26%, poco più di una persona su 4, attribuisce al progetto un voto in-sufficiente.
Il consenso verso l’Autonomia delle Regioni appare, invece, meno largo, per quanto molto ampio. Supera il 60% della popolazione intervistata. In questo caso, semmai, emergono differenze significative sul piano territoriale. Il provvedimento, infatti, piace molto nel Nord Est, dove quasi tutti (poco meno di 9 su 10) giudicano l’autonomia in modo positivo. Mentre nelle regioni del Centro e nel Mezzogiorno il clima d’opinione è più tiepido, pur confermandosi largamente positivo.
Le differenze appaiono maggiori se si considerano le posizioni politiche ed elettorali. In particolare, il tema dell’Autonomia fa emergere una posizione prevalentemente contraria nella base del PD. Gli elettori del PD, peraltro, manifestano minore entusiasmo, rispetto alla media, anche verso la TAV. Solo nella base del M5s si rileva un atteggiamento più distaccato. Per quanto, complessivamente, positivo. Soprattutto se si pensa alle posizioni dei leader, che hanno affiancato i NO TAV, trasformando questa rivendicazione in un vessillo. In contrasto con la Lega. Nell’insieme, si osserva una sorta di “affinità elettiva” fra gli elettori della Lega e di Forza Italia. I più convinti sia della TAV sia dell’Autonomia.
Tuttavia, appare evidente la distanza fra le opinioni degli elettori e le scelte dei leader. Fra il sentimento sociale e il dibattito in ambito politico. Quasi si trattasse di due mondi diversi. Largamente in-comunicanti.
Difficile, altrimenti, attendersi un consenso così ampio verso la TAV anche fra gli elettori del M5s. E un atteggiamento positivo nei confronti dell’autonomia regionale anche nel Centro Sud e nel Sud, per quanto meno convinto rispetto al Nord Est.
Le spiegazioni di questa divergenza sono diverse.
Mi limito a proporne due. La prima riguarda la percezione degli elettori. Molto lontana dalle immagini e dalle ragioni presentate dai leader. Perché nel clima di campagna elettorale permanente, che incombe, vengono scelti e amplificati solo alcuni temi. Oggi, fra tutti: l’immigrazione e la sicurezza. L’immigrazione come causa di in-sicurezza. Insieme ad altri eventi che suscitano “paura”. Perché, ormai, viviamo nel tempo delle “paure”. Come registra, da oltre 10 anni, il Rapporto Europeo sulla (in)sicurezza, curato da Demos- Fondazione Unipolis. Con la conseguenza che argomenti e figure che non spaventano si depositano sullo sfondo. Suscitano scarso interesse.
L’altra ragione della divergenza fra discorso politico e opinione pubblica riguarda direttamente il “linguaggio”. Le “parole della politica” non entrano più nel linguaggio comune. Così, alla maggioranza degli elettori non è chiaro cosa preveda l’Autonomia differenziata. Perché sia rischiosa per alcune zone. In fondo, rivendica la distanza dallo Stato centrale, verso il quale la sfiducia è diffusa. Mentre la TAV preoccupa solo una quota limitata di cittadini.
Il problema è che, in politica, è difficile incontrare identità e ideali, se non ideologie, in grado di offrire riferimenti condivisi. La politica e i partiti si riassumono, dunque, nei leader. Attori protagonisti nello spettacolo della politica.
Anche così, forse: soprattutto così, si spiega il consenso per Salvini e per la Lega. O meglio: per la Lega di Salvini. Che recita la parte del Capo, solo contro tutti. Contro gli altri. Che minacciano lui e gli italiani. E gli forniscono le parole, i personaggi, gli scenari. Dalla Russia alla Riviera romagnola. Almeno finché dura… Perché tenere la scena da soli, sempre in primo piano, alla lunga: logora. Basta guardare (non troppo) indietro.