la Repubblica, 5 agosto 2019
Intervista a Joe Lansdale. Lo scrittore parla della strage in Texas
«Quel ragazzo veniva da Allen, cittadina finita di recente sui giornali per la grande retata di clandestini, trecento arresti. Ha guidato nove ore per arrivare al confine e sparare contro la gente di El Paso, città di cui si parla continuamente, al centro di quella che il presidente Trump definisce la “crisi dei migranti”. Non c’è dubbio, era imbevuto di retorica e odio. Ma se pure non avesse avuto filosofie suprematiste a ispirarlo, temo avrebbe ucciso lo stesso». Al telefono dalla sua casa di Nacogdoches, Texas, a due ore dalla città del killer di El Paso, Joe Lansdale è amareggiato. Autore di best seller come “La notte del drive in” e “Sangue e limonata”, da decenni racconta gli incubi peggiori d’America. Ma ancora non si rassegna al suo lato più oscuro: «Se vogliamo dire basta, dobbiamo cambiare il nostro approccio alle armi».
Il suo Texas ha le leggi più permissive d’America, la strage è avvenuta in un Walmart dove bastano 500 dollari per una pistola…
«Anche io ho delle pistole. Tutti i miei amici le hanno. Non sono contro il possesso di armi. Purché si tengano al sicuro. Qui invece la gente va armata perfino in chiesa: e al supermercato. Metà delle persone che erano nel Walmart della strage avevano pistole in tasca. Ma non è servito a nulla perché il killer aveva un’arma da guerra. Questa non è cultura delle armi, è follia».
Perché non si riesce a mettere un freno?
«La politica non se ne occupa per interessi economici, repubblicani e democratici hanno le tasche piene dei soldi dei lobbisti della armi. La gente, invece, è cieca e purtroppo il Texas è un buon esempio. Molti sono contrari a maggiori controlli».
Dietro il gesto di Patrick Crusius ci sono i deliri fanatici di un suprematista bianco. Perché, secondo lei, avrebbe ucciso ugualmente?
«Chi vuole uccidere trova sempre delle scuse. Quel ragazzo non è il primo a compiere una strage e non sarà l’ultimo. Ci sono stati altri manifesti: alcuni con solo le istruzioni su come ammazzare.
Questa gente pensa di essere parte di un club esclusivo, ha dentro una rabbia tutta sua ma non vuole sentirsi sola altrimenti ammetterebbe di essere pazza. Poi, non c’è dubbo, la retorica di Trump contro gli immigrati, ha legittimato l’odio razzista. Così El Paso, città di confine, diventa l’epicentro dell’odio. Un simbolo da colpire».
Le cose sono cioè cambiate da quando Donald Trump fa proclami di fuoco contro i clandestini?
«In Texas i latinos ci sono sempre stati. Scopriamo ora che vengono da noi a cercare fortuna? Quanta ipocrisia vedo intorno a me. Dicono: “Ci rubano il lavoro”. Ma poi sono gli stessi che li impiegano nei loro ranch o nelle loro case per pochi soldi. Altri, come forse anche il killer, detestano le seconde generazioni, più motivati di loro a studiare e a far avanzare le loro vite.
Da qui il disprezzo. La paura. E l’idea della barriera. Nessun muro fermerà i disperati. E se continueremo a trattarli come pidocchi altra gente penserà che è legittimo sparare su di loro».