Il Messaggero, 4 agosto 2019
Spadolini raccontato dal suo collaboratore Fabrizio Tomada. Tra libri e bolliti
Volumi, materiale di archivio, documenti storici, corrispondenze, testimonianze, comunque materiale legato alla storia contemporanea di questa nostra Italia.
Un impegno quello della raccolta di libri, che ha visto Spadolini perseguire questa sua volontà in tutti gli anni di vita. Una mania che lo accompagnò in ogni suo girare. Curioso, attento, preciso nella richiesta sì del volume ma sopratutto della edizioni che rappresenta il valore del libro. Come quando si fermava a Milano in una piccola bottega di libri antichi in via Gesù per cercare l’edizione della raccolta degli scritti di Montale, quegli Ossi di seppia la cui prima edizione era stata pubblicata da Gobetti.
O a Venezia, lungo le calli, per cercare la rara edizione Fiorentina delle Commedie di Carlo Goldoni stampata nel 1753. Per me che ho passato circa vent’anni, dal 1980, al fianco di Spadolini nel corso dei suoi incarichi istituzionali alla Difesa e al Senato, per me non fu facile stargli dietro in questo cercare e ricercare. Ogni occasione di tempo libero era dedicato a cercare i libri. «Resteranno custoditi alla Fondazione per essere consultati e saranno sempre tanti». Questo pensava Spadolini sinché una sera si imbatté in uno straordinario ed autorevole concorrente: Carlo Bo.
Era tradizione che il giovedì il Rettore dell’Università di Urbino (Bo fu ininterrottamente rettore di quella Università per 53 anni) invitasse a pranzo a casa sua a Milano una ristretta cerchia di amici per fargli gustare il suo bollito preceduto da una minestra di patate. Pietanze che cucinava personalmente. Quella mattina, era autunno inoltrato, all’ora di pranzo si presentò a via Missori, il residence dove abitava Spadolini, Gaetano Afeltra. Già direttore del Giorno, collaboratore del Corriere e amico di vecchia data di Spadolini ma anche molto amico di Carlo Bo.
Il Rettore aveva piacere di fare assaggiare al Presidente il suo bollito e Afeltra, sì rispettoso di Spadolini ma con fare meneghino molto pratico, era venuto a prenderlo in modo da non fare tardi. Mentre lo invitava ad affrettarsi – Bo voleva la puntualità – per non arrivare in ritardo e nel mentre saliva in auto Afeltra gli disse: «Si va a mangiare da Carlo, ma non c’è solo quello, là troverai una sorpresa». Spadolini si incuriosì così tanto (Afeltra lo aveva fatto di proposito) che non vedeva l’ora di arrivare a casa Bo.
Il gran bollito arrivò sulla tavola imbandita accompagnato da ogni tipo di salsa particolare e dall’olio della Liguria. Tutto pensato e fatto dalle mani del Rettore che gongolava. Vedere due personaggi così monumentali – Afeltra non era certo da meno – confrontarsi sulla situazione politica, sul mondo dell’Accademia, su come stava andando l’Università italiana, sul mondo del giornalismo, sulla cultura, mentre si gustavano cibi e pietanze fatte in casa sembrava di stare ad una riunione di redazione. Tre personaggi di grande spessore intellettuale. Carlo Bo forte nella personalità, convincente nell’esporre i suoi concetti, rassicurante. Come sa essere chi è a contatto con i giovani. E Bo lo era certamente. Gaetano Afeltra semplice di fronte ai due monumenti della cultura, ma nello stesso tempo ironico e scanzonato come sa essere chi da ragazzo del meridione parte alla conquista di Milano e vince, si afferma. E poi Giovanni Spadolini intellettuale, insigne storico, scrittore, giornalista, politico sottile ed appassionato. Ma anche teneramente fanciullesco.
Ce n’era per tutti, così che le ore trascorsero in fretta: il conversare vivace, accompagnato da un gustare intenso che dava soddisfazione al padrone di casa. Ma ciò che dette più soddisfazione al Rettore fu la sorpresa – anticipata da Afeltra qualche ora prima – che Spadolini scoprì poco a poco. Si trattava di libri. Ad ogni punto della casa dove c’era posto si trovava una pila di libri ordinata e ben posizionata; in cucina, in salotto,n nell’ingresso della grande casa che aveva nel centro di Milano, persino nel bagno. I libri si può dire arredavano la casa. Ecco la sorpresa anticipata da Gaetanino che aveva preso forma e che non aveva lasciato indifferente Spadolini, il quale dopo essersi informato di quanti volumi fossero («circa quarantamila» disse Bo) con una punta di ammirazione e non senza rammarico per un numero così alto di volumi che lui a quel tempo non aveva ancora raccolto, gli fece i complimenti ma accettò la sfida.
Da quel pranzo in poi prese come riferimento il fondo di Carlo Bo per fare il confronto con il numero di libri che aveva lui al Pian dei Giullari, e che doveva raccogliere per superare la biblioteca del Rettore. Ecco il cercare, ecco il perché rovistare in ogni possibile libreria di volumi antichi e rari. Certo non fu quello il principale motivo della missione che si era imposto. Ma quello, quello vero che ripeteva sempre fino agli ultimi giorni di quell’agosto del 1994, era il desiderio di lasciare alle giovani generazioni un luogo dove poter studiare la storia d’Italia avendo a disposizione ogni possibile documento, ogni libro che affrontasse i temi della storia contemporanea. Una biblioteca popolata da giovani che studiano le carte e i libri raccolti nel corso di una vita.
Ed è così che si esprimeva: «Vorrei che dopo la mia casa diventi la casa dei libri, dove tutto dovrà restare così com’è in cima al poggio di cipressi antichi. La collezione, i libri, l’emeroteca al servizio dei giovani, di quei giovani ai quali consegnare il futuro di un grande Paese: l’Italia».