Libero, 4 agosto 2019
La plastica non inquina: bottigliete, posate e compagnia cantante rappresentano appena lo 0,7% degli scarti del Vecchio continente
Di leggi ne fanno poche, ma sull’ambiente non si scherza. Poco prima di chiudere i battenti per godersi 38 (trentotto!) giorni di ferie estive i deputati della Camera hanno trovato il tempo per approvare una direttiva interna che ha messo al bando la plastica. Niente più bottigliette monouso, solo recipienti di vetro riutilizzabili ed erogatori. L’iniziativa di Montecitorio non è ovviamente isolata. La crociata contro la plastica si espande a macchia d’olio e i proseliti aumentano a vista d’occhio. Ministeri, enti pubblici, aziende, scuole. Tutti si stanno unendo alla battaglia. Anche per la strada, se ci fate caso, non è più cosi raro scorgere persone che, quando hanno sete, invece della classica bottiglietta di acqua minerale sfoderano enormi borracce riempite chissà dove. Ingombranti e scomode, ma ecocompatibili. Se non rinunci al contenitore monouso sei antico, retrogrado, fuori moda, nemico dell’ambiente e anche un po’ cattivo. Di sicuro, sei un irresponsabile, che mette a rischio il futuro del pianeta per ostinarsi ad utilizzare una delle più grandi invenzioni della storia. Il prezzo da pagare può essere alto (provate a fare una festa per bambini o un pic nic all’aperto senza bicchieri e posate di plastica), ma l’incredibile comodità dell’usa e getta, ammoniscono gli esperti e i loro seguaci, non vale la candela. La plastica non è biodegradabile, finisce nei mari e diventa cibo per pesci, rilascia sostanze tossiche e nocive, si espande nell’aria avvelendandola. falso bersaglio La situazione è così grave che si è mossa anche l’Unione europea. Lo scorso marzo la plenaria del Parlamento di Strasburgo ha approvato con 560 voti a favore e solo 35 contrari una direttiva (poi ratificata a maggio dal consiglio dei ministri di Bruxelles) che a partire dal 2021 vieta i prodotti monouso più diffusi: bastoncini cotonati, posate, piatti, bicchieri, cannucce, mescolatori per bevande e aste per palloncini. Le bottigliette, in via del tutto eccezionale, saranno ancora permesse, ma solo se il tappo resta attaccato al contenitore. Il pianeta è salvo? Macché. Esattamente come succede per le emissioni nocive dei motori diesel, finite nel mirino degli ambientalisti come il principale fattore di inquinamento dell’era moderna, anche la plastica è l’ennesimo falso bersaglio. Popolare, facile e mediaticamente efficace, ma falso. Le immagini che ormai imperversano in tv sui pesci che nuotano tra i rifiuti o hanno la pancia piena di fibre polimeriche hanno rafforzato l’idea che la plastica sia il male. I numeri, però, dicono il contrario. Basta prendere le statistiche Eurostat per averne un’idea. Volete sapere quante tonnellate di rifiuti plastici ci sono ogni anno in Europa? Si tratta di 17,5 milioni. L’immondizia totale prodotta ammonta invece a 2,5 miliardi di tonnellate. Risultato: bottigliete, posate e compagnia cantante rappresentano appena lo 0,7% degli scarti del Vecchio continente. Non basta? Vediamo il problema dei mari. Secondo un’analisi condotta da alcuni ricercatori tedeschi, citata in un recente intervento su Lavoce.info dalla professoressa Stefania Migliavacca, il 90% della plastica negli oceani proviene dai dieci fiumi più grandi al mondo, 8 in Asia e 2 in Africa. sacchetti Non è tutto. Un altro studio, questa volta danese, sempre segnalato da Migliavacca, ha rivelato che i sacchetti di plastica in polietilene a bassa densità hanno un minore impatto ambientale rispetto ai sacchetti di carta o di stoffa, ritenuti il massimo dell’ecocompatibilità. Del resto, basterebbe farsi una chiacchierata con qualche tecnico di Bio-On, start up super innovativa italiana (che ha superato in Borsa il miliardo di capitalizzazione), per sapere che la plastica biodegradabile può sostituire quella in circolazione in tutti gli utilizzi. Ma favorire la ricerca e l’innovazione richiede impegno, capacità e risorse economiche. Battersi contro una bottiglietta o un cotton fioc, al contrario, è facile e non costa niente. Soprattutto a chi dichiara guerra. Il conto per chi subirà gli effetti della miopia ambientalista, invece, sarà assai salato. L’industria italiana della plastica monouso, spiega Migliavacca, è la più importante d’Europa, con una quota di export del 30%, 1 miliardo di fatturato e 3mila addetti. Che ne sarà di loro? Apriamo la nostra borraccia e beviamoci su.