Giorgio Meletti per il “Fatto quotidiano”, 3 agosto 2019
LA MISTERIOSA MORTE DI LIGATO, “L’ITALIETTA VIGLIACCA” E IL SUICIDIO DELLA PRIMA REPUBBLICA - 30 ANNI FA ALCUNI KILLER ASSOLDATI DALLA 'NDRANGHETA MASSACRARONO CON 26 COLPI DI PISTOLA (UNA GLOCK, L'ARMA DEI SERVIZI SEGRETI) L'EX PRESIDENTE DELLE 'FERROVIE DELLO STATO' - VOLEVA BANDIRE GARE D’APPALTO INTERNAZIONALI PER L’ALTA VELOCITÀ (IN BALLO 50-100 MILIARDI DI EURO) -
I giornalisti trentenni degli anni '80 erano bravi a capire che c' era qualcosa da capire. I quaranta-cinquantenni erano bravissimi a fingere di aver già capito. Anche politici e manager credevano di capire tutto: lo provava il fatto che fossero classe dirigente. Solo che non hanno capito il 1989, e la prova è che poco tempo dopo non erano più classe dirigente.
Non hanno capito la fine del comunismo e la globalizzazione. Il futuro bussava alla loro porta e i Craxi, gli Andreotti, i Forlani, ma anche gli Agnelli e i De Benedetti, pensarono bastasse fingere di non essere in casa. Piccoli uomini prepotenti, presuntuosi, provinciali e ignoranti che hanno innescato il declino italiano credendosi infallibili solo perché i giornalisti loro dipendenti, un po' servi e specchi delle loro brame, glielo facevano leggere ogni mattina.
Dopo 30 anni è possibile mettere in fila le cose. E ripartire da quella notte del 26 agosto, quando nei pressi di Reggio Calabria alcuni killer assoldati dalla 'ndrangheta massacrarono con 26 (ventisei) colpi di pistola (una Glock, l' arma dei servizi segreti) l' ex presidente delle Ferrovie dello Stato Lodovico Ligato, 50 anni appena compiuti. La misteriosa morte di Ligato simboleggia il suicidio della Prima Repubblica. L' estroverso esponente della Dc calabrese, pupillo di Riccardo Misasi, era uno degli uomini più potenti d' Italia.
Sulla sua scrivania giravano piani d' investimenti ferroviari oggi misurabili in 50-100 miliardi di euro (fino alla caduta del muro di Berlino l' Italia era piena di soldi assicurati dall' America pro bono pacis, per così dire, e gli sventurati non videro che la pacchia stava finendo). Il cadavere di Ligato era ancora caldo e già veniva diffusa la vulgata liberatoria: regolamento di conti tra mafiosi. Era la tipica storia anni '80 su cui un giornalista con poca esperienza si buttava pensando: "Qui si capirebbe tutto, se solo fossi in grado di capirlo". Nessun politico andò al funerale, nemmeno il suo padrino.
Solo un politico calabrese, il socialista Giacomo Mancini, spese parole decenti per il trucidato marchiando Misasi a lettere di fuoco: "Una sfinge gelida, di pietra e senza pietà, senza un fremito di umanità nei confronti dell' amico ucciso". Poi incoraggiò il giovane cronista con una rivelazione a metà: "Indaghi, indaghi. Si ricordi che pochi giorni prima di essere ucciso Ligato mi venne a trovare e mi disse che aveva deciso di rivelare molte cose che sapeva". Che cosa sapeva Ligato?
Sapeva che nel novembre 1988 l' aveva disarcionato dalle Fs un' inchiesta giudiziaria farlocca, passata alla storia come "lenzuola d' oro", uno di quei capolavori della malagiustizia che piacciono molto ai garantisti a gettone e in cui la procura della Repubblica di Roma eccelle da sempre. Ligato voleva costruire la ferrovia ad alta velocità e il sistema politico bollava i suoi piani come faraonici. Dopo 30 anni è tutto più chiaro. Ligato voleva bandire le gare d' appalto internazionali previste dalle regole europee sul mercato unico che dovevano entrare in vigore il 1° gennaio 1993.
Due anni dopo la sua morte le Fs di Lorenzo Necci affidarono l' alta velocità a trattativa privata ai sette consorzi guidati dall' Iri e dall' Eni (pubblici) e dalla Fiat e dalla Montedison (privati). Il disegno era di tagliare fuori la concorrenza straniera per riservare il grande affare ai costruttori italiani e tenerli indenni dal futuro che stava incominciando. Nella morte dimenticata di Ligato si riassume il 1989 italiano che inizia con la cacciata dalla Fiat di Vittorio Ghidella. Il padre della Uno e della Thema vuole giocare la partita facendo auto migliori.
Gianni Agnelli e Cesare Romiti invece decidono di difendere dalla globalizzazione i loro "tesoretti" mollando ai clienti di un mercato protetto la Duna, e allargando il loro potere su tutto ciò che muove denaro. Il 2 maggio la Fiat compra la maggiore impresa di costruzioni, la Cogefar di Franco Nobili, e crea la Cogefar-Impresit, gigante destinato a fare la parte del leone nell' alta velocità. Il 14 maggio Bettino Craxi e il segretario della Dc Arnaldo Forlani stringono a margine del congresso socialista di Milano il patto del camper, che porterà alla caduta di De Mita e alla nascita del governo Andreotti, dando corpo al cosiddetto Caf (Craxi, Andreotti, Forlani).
Eugenio Scalfari lo definisce "un accordo dal quale emergono alcuni lineamenti di regime, un organigramma spartitorio e, come presto vedremo, una divisione di spoglie negli enti e nelle banche". Pochi giorni dopo l' Iri di Romano Prodi (creatura di De Mita) consegna il Banco di Santo Spirito alla Cassa di Risparmio di Roma dell' andreottiano Cesare Geronzi che poi si prenderà dall' Iri anche il Banco di Roma. In poche settimane, in nome del "primato della politica", Prodi viene comunque cacciato dall' Iri e sostituito proprio da Nobili, altro andreottiano a 24 carati. Franco Reviglio viene sostituito all' Eni dal socialistissimo Gabriele Cagliari. Si chiude la stagione dei "professori", si torna ai lottizzati.
Credevano di blindare il proprio potere, stavano solo innescando la crisi terminale della loro Italietta vigliacca e impaurita che avrà la prima esplosione tre anni dopo con Mani Pulite. Aiutati anche dall' incidente che ha tolto di mezzo Carlo Verri, 50 anni come Ligato, l' uomo a cui Prodi aveva chiesto di rendere decente l' Alitalia. Il 6 novembre, tre giorni prima della caduta del muro di Berlino, un autobus dell' Atac, per una volta puntuale, travolse la sua Thema uccidendo lui e l' autista. Pare che fossero passati con il rosso. Una tragica casualità che incarnò lo spirito dei tempi.