il Fatto Quotidiano, 3 agosto 2019
Solo il 5 per cento dei migranti è stato ricollocato nell’Ue
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“Idee chiare, coraggio e si vince! #dalleparoleaifatti”. Ieri Salvini twitta e rilancia l’intervista rilasciata a Libero il 1° agosto: “Chi la dura la vince: l’Italia non prende i migranti”. Il trionfo consiste nel fatto che i 116 migranti a bordo della Gregoretti, nave della Guardia costiera, sbarcati al porto militare di Augusta il 31 luglio, verranno suddivisi tra Germania, Francia, Portogallo, Irlanda, Lussemburgo e Conferenza episcopale italiana (che poi è in Italia).
In gergo questi trasferimenti si definiscono ricollocamenti e per Salvini sono la più grande vittoria del suo governo in Europa. Senza regole certe per gestirli, ora funziona tutto “su base volontaria” e a seguito di negoziati bilaterali. I numeri dimostrano che per l’Italia questa strategia è perdente. Salvini infatti tratta pochi trasferimenti sedendosi al tavolo con governi che dovrebbero rimandare in Italia non centinaia, ma decine di migliaia di richiedenti asilo: i cosiddetti casi Dublino.
Partiamo dai ricollocamenti. Dalla fine di giugno 2018 alla metà di luglio 2019 secondo i dati della Commissione europea i ricollocamenti da Italia e Malta, i due approdi della rotta del Mediterraneo centrale di questo 2019, sono stati in tutto 840, su un totale di 16.608 arrivi (di cui 13.850 in Italia). Questo significa che solo il 5% dei migranti è stato ricollocato. Gli altri sono rimasti dove sono arrivati e spesso hanno già fatto perdere le tracce. La strategia degli accordi bilaterali per i ricollocamenti da un anno si dice che non funzioni. Si sosteneva che i Paesi non rispettassero gli impegni presi. Invece i migranti per i quali è stata accettata la relocation da Italia e Malta sono 1.146, non molti di più degli 840 già trasferiti.
“Non essendoci un meccanismo automatico, c’è bisogno di una crisi per poter negoziare un ricollocamento”, spiega Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto Studi Politici Internazionali (Ispi) che ha elaborato questi dati. Per “indurre una crisi” Matteo Salvini annuncia di “chiudere i porti”, i maltesi invocano invece aiuto perché troppo piccoli. Il confronto diplomatico però richiede tempo che per le navi significa attesa di un “porto sicuro” dove sbarcare.
I Paesi che fino ad oggi hanno accettato più ricollocamenti dall’Italia sono gli stessi che hanno dato disponibilità a seguito dello sbarco dei migranti dalla Gregoretti. La Germania però è anche il Paese con cui l’Italia ha un conto aperto sui “casi Dublino”, ovvero persone che – come stabilito dal mai riformato Regolamento di Dublino – andrebbero riportate in Italia, perché è il Paese di primo arrivo in cui hanno fatto domanda d’asilo. I numeri sono enormi: “Nel 2018 la richiesta all’Italia è stata di riprendersi oltre 62 mila persone in totale, 26 mila dalla sola Germania. Ne abbiamo ripresi in tutto 6.300”, ricorda Matteo Villa di Ispi. Questo rende lo sforzo per i ricollocamenti dal mare un esercizio inutile: Germania, Francia, Svizzera, Austria e Svezia – i Paesi che più hanno chiesto all’Italia di prendersi indietro dei “casi Dublino” – tra il 2013 e il 2018 hanno fatto oltre 217 mila domande, ottenendo però l’effettivo ritorno di meno di 24 mila persone (dati Eurostat). A ottobre scorso Salvini era arrivato a dichiarare di voler “chiudere gli aeroporti” per impedire i rientri dei casi Dublino, se la Germania non avesse ricollocato i migranti appena sbarcati. Un teatrino che si ripresenta ogni anno, senza che la situazione venga davvero governata.