il Fatto Quotidiano, 3 agosto 2019
Il punto sui costi della Tav
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Invocano a ogni costo quella linea ferroviaria che nascerebbe già vecchia, obsoleta, e dalla Lega al Pd è tutto un minacciare mozioni e sostegni incrociati per dire sì al Tav in Parlamento. Ma se si scava dentro la grande torta della Torino-Lione, si scopre che di certo c’è ancora ben poco, se non una massa di promesse. Perché, come spiegano al Fatto fonti di governo e dei ministeri competenti, l’Italia a tutt’oggi dovrebbe in teoria sborsare quasi 4 miliardi e 600 milioni per la tratta nazionale di collegamento al tunnel transfrontaliero, con buona pace della project review del governo Gentiloni che aveva (anzi, avrebbe) ridotto il costo a un miliardo e 900, ma che non è mai stata approvata dal Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica. Dove il taglio dei costi è apparso solo con una fugace informativa. La tratta nazionale è tuttora in gran parte “scoperta”, visto che ad oggi risultano stanziati solo 146 milioni per studi preliminari. Ergo, serve trovare un’ingente quantità di risorse. Un’enorme incognita per un esecutivo già alle prese con una difficile manovra economica, su cui pesa l’esigenza di reperire 23 miliardi per scongiurare l’aumento dell’Iva. Ma la penuria di fondi effettivi conferma anche la volontà dei governi precedenti di rimandare la palla del Tav più lontano possibile, al di là dei proclami a favore di telecamere.
La confusione dei numeri è l’effetto voluto del gioco di prestigio compiuto in questi anni dai grandi fan dell’opera – dentro e fuori i governi – capitanati dall’ex commissario per il Tav Paolo Foietta.
Andiamo con ordine. Il 24 luglio scorso Giuseppe Conte indicò tra i motivi del via libera al Tav un presunto co-finanziamento europeo per la tratta nazionale “che costa 1,9 miliardi”. In realtà il costo reale è molto più alto. Otto anni fa Rfi, controllata delle ferrovie per i binari, trasmise al ministero delle Infrastrutture il progetto per la tratta nazionale di collegamento al tunnel di base sotto le Alpi. Costo: 4,6 miliardi. Comprende il potenziamento della linea Bussoleno-Avigliana-Orbassano (1,9 miliardi) più la Gronda che a Settimo Torinese permette di saltare il passante di Torino e connettersi alla linea dell’Alta velocità Torino-Milano (2,7 miliardi). Viste le proteste per l’esorbitante esborso, Foietta e compagnia tirarono fuori la geniale invenzione detta “fasizzazione”. Ossia si decise di avviare i lavori del tunnel di base (57 km) sotto le Alpi, spezzettando la tratta nazionale in diverse tappe (“fasi”). Nel 2017, il ministro dei Trasporti Graziano Delrio annunciò la “project review” della tratta, che si sarebbe limitata al solo tracciato fino a Orbassano evitando la Gronda, “con un risparmio di 2,7 miliardi”. E qui nasce il guaio: quel taglio sbandierato per dare il via libera agli stanziamenti per il tunnel di base (arrivato nell’agosto 2017) non è mai passato per l’approvazione definitiva del Cipe. In realtà non esiste nessun progetto definitivo della tratta nazionale approvato dal Comitato che stanzia le risorse. La stessa project review è arrivata al Cipe come semplice “informativa”.
La conseguenza è che il contratto di programma tra Rfi e il ministero delle Infrastrutture (2017-2021) oggi comprende ancora l’intero progetto da 4,6 miliardi, ma in due fasi: in attesa dell’ok del Cipe, dal 2021 si parte con la tratta da 1,9 miliardi, e per la Gronda se ne parla più avanti. Al momento, però, lo stanziamento complessivo ammonta a soli 146 milioni, per il resto andranno trovate le risorse, che variano da 1,9 a 4,6 miliardi.
L’effetto di questo gioco di prestigio è paradossale. A oggi il vecchio progetto per la tratta nazionale sopravvive ancora. Nelle intenzioni dei pasdaran dell’opera, la gronda di Settimo Torinese serviva a evitare il vero collo di bottiglia del traffico merci-passeggeri alle porte di Torino. Se quel traffico esistesse davvero. I tecnici della commissione incaricata dal Mit di effettuare l’analisi costi-benefici, capitanati dal professor Marco Ponti, hanno ricevuto l’indicazione di considerare tra i costi della tratta nazionale solo gli 1,9 miliardi della linea Bussoleno-Orbassano. Se avessero inserito anche quelli della Gronda il risultato sarebbe stato ancora più negativo dei 7 miliardi di danni economici stimati.
Tirate le somme, gli unici stanziamenti effettivi (quasi 3 miliardi) il governo italiano li ha decisi per il tunnel di base, pagato per due terzi dall’Italia pur essendo per quattro quinti in territorio francese. Parigi, peraltro, non ha stanziato quasi nulla e ha rimandato la sua tratta nazionale a dopo il 2038. Mentre dal lato italiano resta ancora l’intero progetto. La logica ferrea dei Sì Tav è questa: se ti dimostrano che sono soldi buttati allora basta promettere di spenderne la metà. Poi magari si scoprirà che non è neanche vero.