la Repubblica, 3 agosto 2019
Sul caos in Forza Italia
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«Questo partito è diventato Forza Ghedini e noi ci siamo stufati». Dopo il terremoto che l’altro ieri ha azzerato i coordinatori nazionali, provocato l’uscita di Giovanni Toti e la rivolta di Mara Carfagna, in Fi è l’ora dei veleni. I parlamentari sono sul piede di guerra. Convinti che «la congiura» ordita dall’avvocato-senatore ai danni della vicepresidente della Camera sia andata oltre le reali intenzioni di Berlusconi, «sempre più condizionato da veti incrociati e cerchi magici: l’unica speranza è che ci ripensi» sussurrano.
In realtà il Cavaliere, in vacanza a Porto Rotondo, già la sera stessa si era pentito d’aver nominato il direttorio a 5, accolto con freddezza dallo stato maggiore azzurro e demolito dalla base sui social. Avrebbe addirittura voluto tornare indietro: ripristinare la promessa fatta a Carfagna di affidarle il timone in solitaria, revocando il comitato allargato a Tajani, Bernini, Gelmini e Giacomoni. Quest’ultimo inserito in limine mortis dopo aver pregato in ginocchio il fondatore, pena l’addio al partito. Una retromarcia che tuttavia Ghedini e Tajani gli avrebbero sconsigliato per evitare una figuraccia epocale. Sebbene il freno schiacciato ieri dall’ex presidente dell’Europarlamento – «Quella in campo è solo una proposta di mediazione» – faccia intendere che un ennesimo revirement è ancora possibile.
Perciò Berlusconi «è nervosissimo», rivela chi è riuscito a sentirlo in queste ore. La reazione di Toti se l’aspettava, «anzi avremmo dovuto buttarlo fuori due mesi fa». Ma l’ammutinamento di «Mara no, è stata infantile, ormai si è montata la testa». Con lei, in Sardegna per il weekend, avrebbero dovuto incontrarsi nel pomeriggio. Ma la deputata campana, offesa, prima tuona sui social: «La scelta del quadrumvirato va nella direzione sbagliata di accontentare una ristretta classe dirigente che vuole confermare il suo ruolo. A me le diatribe di corridoio non interessano». Quindi chiama il Cavaliere. «Sei stato scorretto e sleale», gli dice a brutto muso, «mi avevi promesso una cosa e nei hai fatta un’altra senza neppure avvertirmi». Lui prova a difendersi, parla di «comunicato sbagliato» (il che avvalorerebbe la tesi della “congiura"), alla fine però sbotta. E in una nota avverte «gli scontenti: basta perdere tempo in chiacchiere e polemiche. Oggi la situazione del Paese è drammatica. Dobbiamo lavorare insieme per salvare l’Italia» Tuttavia se Carfagna resta, pronta a girare l’Italia per «parlare agli indecisi», Toti formalizza le dimissioni e organizza le truppe. Che in Parlamento conta 9 deputati (Gagliardi, Napoli, Ruffino, Della Frera, Silli, Sorte, Benigni, Pedrazzini, Ravetto) e 5 senatori (Romani, Berruti, Quagliariello, Vitali, forse Biasotti). Anche se non è detto siano tutti disposti a traslocare nel gruppo misto in supporto alla Lega. «FI è una casa asfittica con una dirigenza asfittica», torna all’attacco il governatore, «e l’Altra Italia sembra un cespuglietto post democristiano». A settembre partirà in tour da Matera per cominciare a creare i suoi circoli, dai quali far sbocciare il nuovo partito. E i parlamentari a lui fedeli non escludono che si possa, un domani, convergere in un progetto unico con Mara Carfagna. «La pensano allo stesso modo», sibila un deputato, rimarcando la verità novità del big bang azzurro: «Per la prima volta gran parte del partito si è sollevato contro le decisioni di Berlusconi».