la Repubblica, 3 agosto 2019
Conte, von der Leyen e il commissario di peso che non c’è
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Clima positivo e tweet di reciproca cortesia. Il primo incontro tra Giuseppe Conte e Ursula von der Leyen a livello di “feeling” personale segna un successo. Ma è nella sostanza che l’Italia, spaccata dalla faglia tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, rischia un nuovo irreparabile flop europeo. Con quella poltrona di peso reclamata all’interno del prossimo governo dell’Unione ancora lontana e il tempo che gioca a sfavore. L’appuntamento è per mezzogiorno a Palazzo Chigi. Conte e von der Leyen parlano alla stampa prima della riunione. La futura presidente della Commissione apre: «Per avere un’Unione coesa serve un’Italia forte e prospera». Poi ribadisce l’intenzione di lanciare «un nuovo Patto per le migrazioni». Un approccio attento alle esigenze del Paese apprezzato dal premier. Più complicata invece la discussione sul futuro commissario italiano, il punto cardine della bilaterale sul quale si registra la fumata nera.
Sono settimane che Bruxelles cerca di far capire all’Italia che per ottenere una poltrona capace di influenzare tutta l’attività della Commissione deve indicare un nome in tempi rapidi, dalle competenze di ferro e possibilmente femminile visto che von der Leyen punta a una squadra composta per metà da donne. Ma il governo fino ad ora ha tergiversato. E nemmeno ieri Conte ha potuto essere più preciso, limitandosi a ripetere a porte chiuse che punta a Concorrenza, Commercio o Industria. E non poteva essere altrimenti, visto che la discussione con von der Leyen nasceva azzoppata dalla telefonata che Conte ha ricevuto poco prima da Salvini. Il leader leghista non ha indicato una rosa secca di nomi dalla quale pescare la personalità da mandare a Bruxelles, ancora una volta è stato evasivo, affermando che prima è necessario capire quale sarà il portafoglio per l’Italia e solo dopo sarà possibile scegliere uno tra i suoi uomini: Massimo Garavaglia o Gian Marco Centinaio per un portafoglio economico o per l’Agricoltura. Ci sarebbe anche Giulia Bongiorno, ma la sua nomina appare complicata dal potenziale conflitto di interessi superabile solo chiudendo il suo prospero studio legale. Sullo sfondo resta Lorenzo Fontana, neo ministro agli Affari europei.
Così di fronte alle domande di von der Leyen, il premier stupisce l’interlocutore con risposte generiche: «L’Italia rivendica un portafoglio economico di primo piano». Aggiungendo che poi si troverà un candidato adeguato di rango ministeriale della Lega. Peccato che qualsiasi esponente del Carroccio rischia di venire impallinato a ottobre nelle audizioni al Parlamento europeo, che ha steso un “cordone sanitario” intorno alla Lega e ai suoi alleati tra cui Afd e Marine Le Pen. Una complicazione per von der Leyen, che il primo novembre dovrebbe raccogliere il testimone da Juncker. Oltretutto la strategia dilatoria imposta da Salvini rischia di veder attribuito all’Italia un portafoglio altisonante ma svuotato, con parte delle sue deleghe spostate ad altri commissari.
Da Chigi sottolineano che la presidente ha garantito che non ci riserverà un portafoglio spacchettato, ma il rischio resta quello di dover scendere di ambizione accontentandosi, ad esempio, dell’Agricoltura. Conte ha compreso la difficoltà della partita e la necessità di non accumulare altri ritardi provando a chiuderla entro Ferragosto. Ma pesa il sospetto che Salvini stia cercando il flop per poi rovesciare la colpa su premier e Europa. Con un danno all’Italia, che a Bruxelles resterebbe ai margini per i prossimi 5 anni.