Corriere della Sera, 3 agosto 2019
In Arabia Saudita le donne possono viaggiare senza il consenso di un uomo
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I primi decreti sono stati firmati da re Salman mercoledì. Poi ieri all’alba, nel giorno sacro per i musulmani, la promessa è diventata legge. «Il passaporto sarà concesso a ogni persona di cittadinanza saudita che ne farà richiesta». Nero su bianco sulla gazzetta ufficiale Umm al-Qura: le donne maggiori di 21 anni non avranno bisogno, in futuro, del permesso di un uomo per lasciare il Paese.
«È un gigantesco passo per le saudite», ha trillato il giornale filo governativo Saudi Gazzette. È la «Storia» con la S maiuscola gli ha fatto eco la principessa Rima Bint Bandar Al Saud, prima ambasciatrice dell’Arabia Saudita negli Stati Uniti, mentre su Twitter è esploso l’hashtag No Guardianship Over Women Travel, con tanto di meme che mostrano gruppi di donne velate scivolare sotto il filo spinato per ricomparire dall’altra parte vestite all’occidentale o che raccontano di fughe in massa all’aeroporto.
Dopo la patente, il permesso di assistere ad eventi sportivi, la riapertura dei cinema e i concerti degli artisti occidentali, il passaporto rappresenta un primo passo verso la fine del wilaya (potestà), imposto dalla tradizione wahabita che rende, di fatto, le donne pari a delle minorenni sotto tutela di un guardiano, che sia il marito, il padre o il parente maschio più prossimo.
Ad accelerare la concessione – immediatamente contrastata dagli ambienti più conservatori del regno che l’hanno definita «pericolosa» – le notizie (e le relative polemiche) sulle fughe di numerose giovani. Inclusa Rahaf al-Qunun, la cui richiesta di asilo, gridata in diretta social da un hotel di Bangkok, a gennaio aveva attirato l’attenzione globale.
Queste ultime riforme – oltre all’espatrio è previsto il diritto per le donne di riconoscere i propri figli, registrare i matrimoni e accedere al lavoro senza autorizzazione di un uomo – fanno parte del piano del principe ereditario Mohammed bin Salman, varato nel 2016 sotto il nome «Vision 2030», con l’obiettivo di modernizzare il Paese e renderlo meno dipendente dagli idrocarburi.
Tuttavia i critici fanno notare come il sistema del guardiano sia ancora ben lontano dall’essere abolito. «Le donne avranno ancora bisogno del permesso di un tutore per essere rilasciate dal carcere o per sposarsi», commenta Amnesty International in una nota. Gli alti funzionari sauditi hanno poi sottolineato la necessità di proseguire gradualmente al suo smantellamento per non irritare la parte più conservatrice della società.
Non solo. Le nuove regole avranno bisogno di tempo per farsi strada nella burocrazia spesso sclerotica del regno. Ed è facile prevedere come, all’interno delle case, gli uomini continueranno ad esercitare il tradizionale controllo su mogli, sorelle, figlie e madri, indipendentemente dalle leggi scritte.
Infine, nonostante le pesanti critiche della comunità internazionale, restano in cella le attiviste che proprio per questi diritti si sono battute. Su tutte Loujain al-Hathloul, incarcerata per aver avuto contatti con i media stranieri.
Aleggiano poi ancora forti sospetti sulla testa di Mbs a proposito dell’omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, ucciso l’ottobre scorso nel consolato saudita di Istanbul.
Come dire, insomma, che i guardiani sono ben lontani dal perdere il loro potere.
(Ha collaborato Farid Adly)