la Repubblica, 3 agosto 2019
Un test del sangue per individuare l’Alzheimer
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Sono decenni che i ricercatori cercano un esame del sangue per individuare la beta-amiloide, la proteina che è il tratto distintivo del morbo di Alzheimer. Parecchi gruppi e aziende hanno fatto progressi e giovedì gli scienziati dell’Università Washington di St. Louis hanno comunicato di aver elaborato il metodo finora più affidabile. Dovranno passare ancora anni prima che l’esame sia disponibile per usi clinici, e in ogni caso l’amiloide non è un predittore perfetto del morbo di Alzheimer: la maggior parte degli anziani asintomatici con depositi di amiloide nel cervello non sviluppa demenza. Ma questa proteina rappresenta un importante fattore di rischio e il nuovo esame del sangue è in grado di individuare i pazienti con depositi di amiloide prima di quanto riescano a fare le tomografie cerebrali. Sarà importante soprattutto per gli scienziati che sperimentano farmaci per la prevenzione. Attualmente non è semplice diagnosticare l’Alzheimer. I medici si affidano per lo più a test di acutezza mentale e colloqui con il paziente e i familiari. Gli studi dimostrano che i medici riescono a diagnosticare correttamente il morbo solo nel 50-60 per cento dei casi: più o meno come tirare una moneta in aria. I metodi che possono garantire una maggiore accuratezza, come le tomografie a emissione di positroni (Pet), sono costosi e spesso non disponibili. Il nuovo esame si basa sulla spettrometria di massa, uno strumento usato nella chimica analitica che grazie ai recenti progressi tecnologici è in grado di scovare con elevata precisione le sfuggenti molecole di beta- amiloide presenti nel sangue. Il ricercatore capo, il dottor Randall Bateman, un neurologo della Washington, lavora da vent’anni a un esame basato sulla spettrometria di massa. Insieme a un collega, il dottor David Holtzman, dieci anni fa ha fondato una società e hanno ottenuto brevetti della loro università per commercializzare un esame fondato sulla spettrometria di massa, se mai riusciranno a svilupparne uno. L’amiloide è una normale proteina del cervello, formata dalla scomposizione di una proteina molto più grande. Nessuno sa quale sia la sua funzione. «Non sappiamo neanche se ne abbia», dice la dottoressa Suzanne Schindler, neurologa e prima autrice del nuovo saggio. «Potrebbe essere un pezzo di spazzatura». L’idea alla base del test del sangue è abbastanza paradossale: se i livelli di amiloide nel sangue sono molto bassi, il paziente potrebbe avere placche nel cervello. La ragione, dice la Schindler, è che l’amiloide è «appiccicosa»: quando rimane intrappolata in blocchi nel cervello, i livelli nel sangue scendono. Il nuovo studio ha coinvolto 158 volontari, in maggioranza sessantenni e settantenni e con capacità cognitive normali, venuti periodicamente alla Washington per sottoporsi a test di memoria e ragionamento, punture lombari e tomografie cerebrali. La Schindler e i suoi colleghi hanno usato la spettrometria di massa per verificare la presenza della beta- amiloide nel sangue dei volontari. Poi sono andati a vedere se i livelli di beta-amiloide anticipavano i risultati delle Pet a cui si erano sottoposti. La spettrometria di massa, hanno scoperto i ricercatori, individuava persone che non presentavano sintomi ma accumulavano beta-amiloide nel cervello quando le Pet davano ancora esiti negativi. Le tomografie sono riuscite a individuare la beta-amiloide nel cervello solo a distanza di anni. I ricercatori hanno confrontato i risultati degli esami del sangue con altri fattori che influenzano il rischio di Alzheimer (l’età e la presenza o assenza di una variante genica, l’ApoE4) e hanno scoperto che l’esame del sangue consentiva di prevedere la presenza di placche con una precisione del 94 per cento, anche nelle persone più asintomatiche. Non esiste nessuna cura per l’Alzheimer e le diagnosi molto precoci di qualunque malattia possono essere problematiche, perché non è detto che il morbo progredisca. Perciò, il primo impiego di questo esame probabilmente sarà per vagliare le persone da sottoporre a sperimentazioni cliniche di farmaci per prevenire il morbo, dice il dottor Michael Weiner, neurologo dell’Università della California. Circa un quarto delle persone intorno ai 75 anni comincia ad accumulare l’amiloide nel cervello in placche, ma le capacità di memoria e ragionamento rimangono intatte. Per individuare i pazienti da sottoporre a sperimentazioni di farmaci preventivi, i ricercatori devono eseguire un gran numero di Pet, al costo di circa 5.000 dollari l’una, dice Weiner. Individuare appena 1.000 pazienti per la sperimentazione di un farmaco preventivo dell’Alzheimer può costare 25 milioni di dollari solo in Pet, secondo i suoi calcoli. Un semplice esame del sangue costerebbe molto meno. «È fantastico», conclude. – Copyright NY Times News Service – Traduzione di Fabio Galimberti