la Repubblica, 2 agosto 2019
Biografia di Lee Krasner
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In occasione della sua prima mostra in un museo americano, il Whitney di New York, nel 1973 all’età di 65 anni, la pittrice Lee Krasner diceva: «Mi è capitato di essere la “signora Jackson Pollock”, una cosa impegnativa. L’unico aspetto che non avevo contro era di non essere nera. Ero una donna, ebrea, vedova, una fantastica pittrice, e forse un po’ troppo indipendente».
Per una donna, finché non arrivò il femminismo, essere un’artista non era un mestiere semplice. Se ancora oggi il machismo, nonostante il tornado #metoo, nel mondo dell’arte funziona abbastanza efficacemente figuriamoci negli anni ’50 o ’60. Essere la signora Jackson Pollock, ovvero la moglie di colui che aveva inventato la tecnica del “dripping” – sbrodolature di colore sulla tela appiccicata direttamente al pavimento –, era allora per una pittrice il miglior cavallo di Troia per farsi notare da galleristi, critici e collezionisti. Un meccanismo che, va detto, ancora oggi purtroppo funziona. Lee Krasner, nata nel 1908 a Brooklyn, nel 1936, durante un ballo organizzato da una scuola d’arte, incontra un giovane artista ubriacone: Jackson Pollock che tredici anni dopo, nel 1949, comparirà sulla copertina della rivista Life, a soli 37 anni. Una consacrazione, la sua, se è vero che, in quegli anni, comparire su Life era come essere invitati oggi ad Amici della De Filippi: un vero e proprio picco di notorietà. Lee Krasner capì subito che il giovanotto alcolizzato aveva talento e, realista più del re, decise di mettersi al suo servizio tentando di controllarne gli eccessi e spronandolo a concentrarsi sulle gocce di colore da buttare sulla tela anziché su quelle rimaste nella bottiglia di whisky. Per trascinarlo via dalla Cedar Tavern dove Pollock andava ad ubriacarsi con i colleghi dell’espressionismo astratto americano – Rothko, De Kooning, Newman – la Krasner lo convinse ad andare a vivere negli Hamptons, oggi luogo molto glamour, ma in quegli anni sorta di esilio sperduto lontano dalle tentazioni di Manhattan. Anche Lee Krasner avrebbe dovuto, di diritto, fare parte del movimento dell’espressionismo astratto, ma era appunto una donna e quel club di soli maschi gliene vietò l’accesso. E questo nonostante la sua pittura, carica di spiritualità e di energia, ovvero degli elementi tipici del movimento, fosse di ispirazione allo stesso Pollock, come sostengono alcuni. Oggi il Barbican Art Center di Londra dedica a questa artista una grande e bellissima mostra curata da Elaine Dairne (fino al primo settembre) che corregge le ingiustizie della storia e fa capire come la signora Pollock fosse un’originale e potente artista che nulla aveva da invidiare ai compagni maschi. La storia dell’arte contemporanea, oltre ad essere fatta principalmente da uomini, è una storia dove alcune singole idee, anche una sola come quella di Pollock, sono spesso maggiormente riconosciute rispetto a energie e visioni meno immediate, ma forse più durature. La Krasner aveva questo tipo di energia ed il tempo ora le rende giustizia mettendo le sue opere in quella categoria che io definisco “Patina” salvandole da quella che invece si chiama “Polvere”. Ci sono grandissimi artisti, Pollock in primis, che pur essendo stati fondamentali per la storia dell’arte, appartengono al gruppo dei “polverosi”. Ovvero quelli le cui opere sono strettamente legate al periodo in cui sono state realizzate. Oggi un’opera di Pollock ci appare datata. Altri artisti invece creano opere forse meno efficaci nell’immediato, ma che con il tempo accumulano un patina capace di liberarle dal tempo. È il caso di Lee Krasner. Un suo quadro potrebbe essere stato dipinto ai tempi del futurismo di Balla, e infatti lo ricorda, come lo scorso mese. C’è in Lee Krasner una freschezza che molte opere dei suoi contemporanei non hanno più. Peccato che la povera Krasner abbia potuto godersi poco la sua “patina” dovendo subire, fino al 1956, la prepotenza, le angherie e i tradimenti del marito. Pollock, l’11 agosto di quell’anno, dopo qualche bevuta di troppo, andò a schiantarsi con l’auto uccidendo nell’incidente se stesso e anche una passeggera. Tragedia e benedizione per Lee Krasner che, a quel punto, potè trasferire il proprio studio dalla soffitta di casa nel famoso fienile dove l’ormai defunto marito aveva composto i propri capolavori. Lì le sue pitture aumenteranno di dimensioni e diventeranno ancora più potenti. Insonne, lavorerà solo di notte con la luce artificiale ed è per questo che i colori utilizzati saranno sempre pochi: nero, bianco, qualche rosso e molte variazioni di marrone, non volendo essere legata alla schiavitù della luce naturale. Oggi Lee Krasner è una delle figure essenziali di quel periodo della storia dell’arte che ha messo gli Stati Uniti nella mappa del mondo dominato, fino alla fine degli anni ’50, dall’Europa ed in particolare da Parigi. Grazie a lei il tempo da galantuomo è diventato nobildonna.