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 2019  agosto 02 Venerdì calendario

Putin non riesce a spengere gli incendi in Siberia

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La Russia mette in campo anche l’ingegneria climatica per domare l’inferno. Da Irkutsk è decollato ieri uno speciale velivolo per creare pioggia artificiale su alcune aree divorate dagli incendi che, in alcuni casi da inizio giugno, stanno devastando le foreste e le steppe della Siberia. Secondo l’agenzia russa Avialesookhrana, che si occupa del governo degli incendi boschivi, ci sarebbero le condizioni adatte per inseminare le nubi con ioduro d’argento e tentare così di arginare il disastro. Dopo due mesi di crisi senza controllo, lasciata gestire alle autorità regionali con risultati fallimentari, il presidente Vladimir Putin ha mobilitato l’esercito. Il ministero della Difesa ha inviato aeromobili ed elicotteri a supporto dei circa 2.700 vigili del fuoco che, da settimane, stanno combattendo le fiamme che imperversano soprattutto nel territorio di Irkutsk, a Verkhojansk nella remota Jakuzia, e nella regione di Krasnojarsk.
Intanto gli incendi in Siberia spaventano il mondo, alimentati dalla siccità e dalle temperature che in alcune zone hanno segnato 10 gradi in più della media. Assieme a larici, pini e abeti rossi, va in fumo uno dei polmoni della Terra: 12 milioni di ettari di foresta cancellati nel 2019 secondo Greenpeace Russia, quanto tutta l’Italia settentrionale. Un volano della crisi climatica in una delle zone più delicate del Pianeta. Il presidente Donald Trump ha parlato al telefono con Putin e gli ha offerto l’aiuto degli Stati Uniti per combattere l’emergenza. Il Cremlino ha gentilmente declinato ma, in una nota, ha fatto sapere che i due leader si sono ripromessi di «restare in contatto» se dovesse servire una mano.
Le autorità locali hanno più volte dichiarato che per gli incendi più remoti è “inutile” intervenire. Non conviene, gli incendi innescati da fulmini non sono rari in estate: la strategia è lasciare che si spengano da soli nelle steppe del nord o nelle foreste della Siberia centrale. Questo ha spinto il vice capo del centro gestione emergenze Serghej Abanin a puntare il dito proprio contro i governi regionali: «Hanno fallito nel prendere le necessarie misure – ha detto all’agenzia russa Tass – perché sperano che tutto vada bene. E il governo federale è stato costretto a intervenire».
Le condizioni sono cambiate, perché sta cambiando il clima, si è aspettato troppo e la popolazione ha iniziato a protestare. Le autorità sottolineano che non ci sono centri abitati minacciati, ma nelle immagini da satellite il fumo si svolge come un fiume in piena ad abbracciare metà Siberia, allungandosi fino allo stretto di Bering, agli Urali e a sud fino alla Mongolia. E da giorni avvelena anche l’aria delle città. A Krasnojarsk, gli abitanti si sono fotogafati con maschere antigas per chiedere al governo di agire e una petizione online su Change.org ha raccolto quasi 900.000 firme in pochi giorni.