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 2019  agosto 02 Venerdì calendario

La Sicilia non ha futuro. I giovani se ne vanno e gli adulti non fanno figli

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Il volto dello spopolamento, nel cuore di una Sicilia arsa dal sole e dalla crisi economica, è quello di Emma, che ha 5 anni e da queste parti era rimasta l’unica iscritta all’asilo. Da settembre, causa mancanza di compagni, i genitori la porteranno ogni mattina nella scuola materna del centro più vicino, che poi tanto vicino non è: dista 7 chilometri. Villapriolo, frazione di Villarosa, è la frontiera anagrafica zero, è il paese senza bambini, simbolo di un esodo che ha numeri impressionanti: questo borgo che porta i segni di una antica tradizione agricola e mineraria ha perso in tre anni oltre la metà dei suoi abitanti, scesi da mille a 450. C’è pure la casa museo dell’emigrante, nel piccolo agglomerato, con tanto di valigie di cartone e lettere al parente lontano, a sancire il significato non solo economico di un fenomeno che, dopo l’esodo del dopoguerra verso le miniere in Belgio, è ripreso in grande stile. Ed è ancora in funzione la vecchia stazione che era la prima tappa del viaggio verso Nord, rilanciata come meta turistica da un’associazione di volontari guidata da Primo David, un ex ferroviere: «Noi attorno a una piaga che riemerge stiamo cercando di creare un’economia», spiega David, che racconta di b&b e ristoranti sorti di recente per ospitare gli emigranti di ritorno per le vacanze.Ma in pochi hanno voglia di sorridere, a Villapriolo e soprattutto nel Comune da cui dipende, Villarosa, che a sua volta ha un bel primato: all’anagrafe sono diventati più gli espatriati (6.638) che gli abitanti effettivi (4.937). Cifre che rivelano un addio lento ma costante: «Dopo l’estate, ogni anno, faccio la conta dei fedeli e mancano puntualmente cinque famiglie», dice don Salvatore Chiolo, parroco della chiesa dell’Immacolata concezione. E il termometro è sempre l’infanzia: «A Villarosa nascono trentacinque bimbi ogni anno. Il numero di chi muore è doppio», annota il sindaco Giuseppe Fasciana. Ce n’è abbastanza perché Mariella David, insegnante, parli di “paese cimitero”, con il “dolore” – usa questo termine – di una madre che ha visto la figlia Francesca, 27 anni, andare via per fare il suo stesso lavoro ma a Torino: «Impossibile trovare una cattedra qui».È una storia antica e piena di fiera amarezza. «Lentamente il Sud muore»: Maria Chiara Graziano, vicepresidente della Pro Loco, cita la scrittrice brasiliana Martha Medeiros per sintetizzare le speranze tradite. Come quelle di Salvatore Graziano, uno dei pochi a essere tornati in patria dopo un periodo di lavoro in Belgio: «Erano gli anni ’80, quelli del boom. Rientrai in Sicilia promettendo a me stesso che nessuno dei miei tre figli sarebbe dovuto partire come avevo fatto io: purtroppo non è andata così», dice non prima di aver ricordato il danno subito da un’economia stagnante: la chiusura della sua impresa di manutenzioni.Il dato degli anziani residenti parla da solo: 4 abitanti su 5, a Villarosa, hanno più di cinquant’anni. E si è nel frattempo formata una piccola comunità di badanti rumeni, emblema di una migrazione al contrario, al servizio di italiani che hanno rifiutato di emigrare, e che hanno scelto di invecchiare a casa loro. Gli extracomunitari, in realtà, potrebbero essere una risorsa: otto africani sono ospitati in uno Sprar gestito da una cooperativa locale, c’è chi lavora in un’azienda di trasporti e chi in un’impresa agricola. Come Sulayman che viene dal Gambia ma tutti in paese ormai conoscono come Mario: «Il titolare, dopo un’iniziale diffidenza, si è innamorato di lui. Queste esperienze possono contribuire a un ripopolamento sano. Dopo il Decreto sicurezza, però, non sappiamo quale sarà il futuro dello Sprar», afferma Valentina Strazzante, coordinatrice del progetto.«Come si fa a fermare l’esodo?», si chiede il sindaco Fasciana agitandosi sulla sedia: «Noi ce la stiamo mettendo tutta, lanciando progetti di utilità sociale per la manutenzione stradale e la cura del verde. Ma senza un serio intervento dello Stato possiamo fare ben poco». In cento, a Villarosa, hanno chiesto il reddito di cittadinanza: «Uno strumento che funziona se si abbina a un lavoro: e qui il lavoro dov’è? Di precariato ne abbiamo visto abbastanza», afferma il sindaco. Che precari (stabilizzati) ne ha 40 sul foglio paga, su un organico comunale non indifferente di 70 dipendenti: «L’assitenzialismo non può essere una soluzione».I numeri dello Svimez rimbalzano senza eco nelle strade puntellate da case vuote: il 75 per cento degli edifici è disabitato. «I proprietari ce le regalano per non affrontare le spese, l’Imu come la Tari. E noi – dice ancora Faciana – abbiamo approntato un regolamento per venderle alla cifra simbolica di un euro: ma a chi?». L’ultima domanda che, dietro il pennacchio dell’Etna all’orizzonte, dà corpo più che altrove allo spettro della recessione.