Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  agosto 02 Venerdì calendario

Hedy Lamarr torna a Venezia

QQ9
QQ6
Lo scandalo era già nel titolo. In quell’Extase (Ecstasy) che negli anni Trenta indicava in modo velato (ma non troppo) l’orgasmo sessuale. Era il 7 agosto del ’34, da cinque giorni Hitler si era proclamato Führer, quando alla Mostra del Cinema di Venezia edizione numero 2, fu mostrato per la prima volta su grande schermo un amplesso tra amanti e, tabù sommo, l’esplosione del piacere femminile esplorato sul volto incantevole di Hedy Kiesler, prossima regina di Hollywood come Hedy Lamarr, che in quel film di Gustav Machatý compariva anche nuda.
Visione fugace ma indimenticabile. Il fulgore del suo corpo neanche ventenne, il suo lasciarsi andare a voluttà nascoste, suscitarono clamori e entusiasmi al Lido: il pubblico prese d’assalto l’operatore offrendo cifre vertiginose per il fotogramma con Hedy senza veli, i gerarchi finsero di indignarsi, la giuria premiò la pellicola con la Coppa Città di Venezia. Sarà curioso quindi vedere l’effetto che farà il 27 agosto quel film rovente riproposto 85 anni dopo, stessa spiaggia stesso mare, grazie al restauro digitale in 4K messo a punto dalla Cineteca di Praga in collaborazione con l’Immagine Ritrovata di Bologna. Evento di pre-apertura della 76ª Mostra, Extase rilancerà, nel bianco e nero originale, la sfida di Hedy: «Lasciare senza respiro gli spettatori, far correre un brivido in platea», come riferì allora un cronista d’eccezione, Michelangelo Antonioni.
«Il restauro è stato complicato – dice Michael Bregant, direttore degli Archivi del cinema ceco —. Extase era una coproduzione internazionale e quindi abbiamo dovuto lavorare a stretto contatto con molti archivi europei per raccogliere i materiali, in primis gli scatti più audaci che mancavano da quasi tutte le copie». Quella integrale di Venezia non ebbe infatti vita facile fuori dal Lido. Mussolini se la fece proiettare a Villa Torlonia lasciandosi sfuggire: «Però, è una gran bella donna!». Meno lasco Hitler. In Germania il film fu proibito tranne che per pochi eletti. Goebbels e Goering ne avevano una copia in cassaforte. «Quanto a Pio XI, protestò ufficialmente – ricorda Bregant —. E L’Osservatore Romano parlò di pellicola pornografica».
Ridicole le censure negli Usa: prima le limitazioni del codice Hays, poi le ire di chi, sperando in un film hard, chiedeva indietro i soldi del biglietto. Infine l’happy end moralistico imposto dopo la Seconda guerra, quando a dare scandalo non era più il nudo ma una donna che esprimeva liberamente la sua sessualità fuori da un matrimonio stanco. Il vero dramma in casa di Hedy fu il primo marito, il mercante d’armi Fritz Mandl, che cercò di comprare tutte le copie circolanti. Senza rendersi conto dell’involontario lancio pubblicitario. Non pago, chiederà il divorzio per via dell’origine ebrea di Hedy. Che da parte sua i nazisti li avrebbe combattuti con ogni arma. Compreso un sistema di comunicazione segreta di sua invenzione destinato agli alleati. A raccontare quel suo lato meno noto a Venezia sarà il documentario prodotto da Susan Sarandon, Bombshell, come bomba. Ma anche come lo schianto che era Hedy.