Corriere della Sera, 2 agosto 2019
Dopo Trump la Fed non sarà più come prima
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Assuefazione. Commentando l’aumento dei tassi appena deciso dalla Federal Reserve, il primo dopo dieci anni, la stampa Usa ha quasi ignorato l’ennesimo intervento a gamba tesa del presidente Trump: ha presentato la decisione della più importante autorità monetaria mondiale, la cui autonomia è stata considerata sacra per un secolo (con pochi, limitati, strappi), come una sua vittoria personale. Aggiungendo: troppo poco, «come al solito Jerome Powell ci delude». L’aumento dello 0,25%, impensabile fino allo scorso dicembre quando la banca centrale Usa, guidata da un uomo scelto proprio da Trump, si diceva impegnata a sfruttare la ripresa dell’economia per normalizzare la politica monetaria dopo gli anni dell’emergenza, era scontato da tempo. Lo stesso Powell aveva preannunciato la mossa il 10 luglio, davanti al Congresso. Forse è stato giusto muoversi per evitare un rallentamento brusco, ora che i venti dell’economia americana sono cambiati in peggio. Forse Powell lo avrebbe fatto anche senza i brutali interventi di Trump che per quasi un anno l’ha attaccato, insultato e, cosa ancora più grave, ha minacciato di defenestrarlo affermando di avere poteri di rimozione che, in realtà, non ha. Ormai l’America ha fatto il callo alle eruzioni dialettiche del presidente. I suoi fan inneggiano alla disruption. Se la rivoluzione tecnologica sovverte le regole dell’economia e i modi di produrre, perché Trump non può fare disruption istituzionale? Sull’altro fronte i suoi oppositori aspettano che «passi la nottata»: la democrazia americana è solida, supererà anche questo. Dopo Trump, però, nulla sarà più come prima: lui sta demolendo i contrappesi creati per bilanciare il forte peso di una presidenza con vasti poteri. Schiaccia la Fed, ma non si comporta diversamente con le altre agenzie federali. Al vertice dei servizi segreti mette un professionista scelto da lui ma poi, insoddisfatto, lo caccia sostituendolo con un politico di stretta osservanza trumpiana. Perfino la Corte suprema, sacra per la Costituzione e ormai ad ampia maggioranza conservatrice grazie ai giudici nominati da Trump, viene definita dal presidente «ridicola» nell’unico caso in cui (sul censimento) decide in modo difforme dalla volontà della Casa Bianca. Dopo di lui sarà difficile, per l’America, tornare al vecchio equilibrio di checks and balances.