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 2019  agosto 01 Giovedì calendario

La carne finta vale 140 miliardi di dollari

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Amminoacidi, lipidi, tracce di minerali, vitamine e acqua. Una ventina di ingredienti ed ecco perfettamente ricreato il gusto e la consistenza di un hamburger. Indubbiamente il 2019 è l’anno della carne finta. Una produzione, secondo Barclays, che potrebbe raggiungere i 140 miliardi di dollari nel prossimo decennio, conquistando il 10% dell’industria globale della carne, con Impossible Foods e Beyond Meat in pole position. E la concorrenza nel campo delle proteine alternative sta aumentando in maniera aggressiva, bruciando sul tempo quella che si : Tyson Foods ha annunciato la propria linea di prodotti proteici a base vegetale – facendo subito scendere le azioni di Beyond Meat, che ha avuto la miglior performance dell’anno (+ 436%)- poco più di una settimana dopo l’ingresso di Nestle nel mercato delle carni a base vegetale, che è già in vendita in Europa (da giugno si trova negli scaffali anche dei nostri supermercati)e prevede il lancio negli Usa in autunno. Sarà dunque sempre più difficile competere contro aziende alimentari affermate in possessso del riconoscimento del marchio, un’intera rete di distribuzione e di vendita.
Comunque, secondo un rapporto di luglio di Plant Based Foods Association e Good Food Institute, negli Stati Uniti le vendite al dettaglio di alimenti a base vegetale sono cresciute dell’11% nell’ultimo anno. Le ragioni? Dalla preoccupazione per la propria salute – ma anche per quella degli animali- all’impatto ambientale degli allevamenti intensivi, sempre più persone scelgono alternative alla carne. Ma cosa c’è nel sostituto alle proteine vegetali che ha la grande ambizione di conquistare l’industria alimentare? E cosa distingue due delle opzioni di carne finta più popolari sul mercato: l’Himpible burger di Impossible Foods e il Beyond burger di Beyond Meat? In termini di ingredienti, i due hamburger sono piuttosto simili, l’eccezione è la principale fonte proteica: Beyond Meat usa la proteina di pisello invece della proteina di soia, e non c’è legemoglobina di soia, che è l’ingrediente chiave di Impossible che fa “sanguinare” l’hamburger, mentre il colore rosso di Beyond Burger deriva dall’estratto di barbabietola. Da un punto di vista dei numeri, entrambi hanno poco meno di 300 calorie, 20 grammi di proteine, quasi 400 mg di sodio, dai 20 ai 14 gr di grassi.
Entrambe le società hanno creato gli “hamburger” in laboratorio,con il benestare della Fda: Impossible Foods però utilizza l’ingegneria genetica per produrre legemoglobina di soia (nota anche come eme)responsabile del sapore della carne. E il prossimo passo sarà il pesce senza pesce. Impossible Foods ha infatti l’obiettivo di sviluppare alternative a base vegetale per ogni alimento di origine animale entro il 2035. Mentre il concorrente Tyson Foods intende espandere l’offerta con prodotti misti, come l’hamburger misto Raised & Rooted che sarà prodotto con carne di manzo Angus e proteine di piselli e che “avrà meno grassi saturi e meno calorie rispetto ad altri hamburger di origine vegetale”, dice la società. Insomma, in soli 7 anni queste startup hanno trovato il modo per trasformare le piante in carne.
Ma esiste un’altra “alternativa all’alternativa”, cioè lo sviluppo di prodotti a base di cellule staminali coltivate in laboratorio (prelevate dalla pelle o dal muscolo dell’animale) o altre biotecnologie come la stampa 3D per alimenti. Una via già intrapresa da molteplici consorzi di ricerca e startup (come Just, Finless Foods, Mosa Meats) e che potrebbe arrivare sul mercato entro i prossimi 5 anni se, tra le altre cose, si riusciranno a ridurre i costi di produzione. «Il rapido sviluppo tecnologico ha determinato un significativo abbattimento dei costi: nel giro di sei anni il costo di un hamburger derivato da staminali è passato da 250mila dollari a poco più di 10 dollari» precisa Carlo Alberto Redi, professore di Zoologia e Biologia dello sviluppo all’Università di Pavia e presidente del Comitato etico della Fondazione Umberto Veronesi, che proprio sull’agricoltura cellulare ha appena redatto un’approfondita analisi. Dalla quale emerge anche che, in futuro, le colture da cellule staminali per scopi alimentari potrebbero avere una doppia valenza: essere sia una fonte sicura di cibo, sia strumento mirato di salute pubblica. «L’uso dell’editing genetico (Crispr Cas-9) per modificare il genoma in maniera precisa, rapida ed economica potrebbe un giorno essere impiegato per modificare i profili nutrizionali dei tessuti coltivati in vitro al fine di migliorare le proprietà organolettiche, l’impatto sulla salute, sostituendo per esempio i grassi meno nobili, o per ovviare a specifiche emergenze nurizionali e sanitarie, ad esempio arricchendola di amminoacidi essenziali, vitamine e minerali piuttosto che farmaci utili a contrastare malattie endemiche di specifiche parti del mondo» conclude Redi.