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 2019  agosto 01 Giovedì calendario

Gli stipendi dei calciatori

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L’uomo del monte, nella vecchia pubblicità degli anni 80, spesso diceva un sonoro «no». L’uomo del monte ingaggi invece dice sempre «sì». Il risultato? Gli stipendi dei calciatori nei cinque campionati principali (Inghilterra, Spagna, Italia, Germania, Francia) hanno sfondato quota 9 miliardi di euro. E nella stagione alle porte, a giudicare dai nuovi ingaggi che si stanno firmando in Europa, promettono di salire ancora. E dire che già adesso divorano il 60% del fatturato di un’industria che cresce senza sosta, ma rischia di trovarsi ostaggio di un continuo gioco al rialzo.
L’allarme lo ha lanciato Karl Heinz Rummenigge: «Quello che mi preoccupa non sono solo le cifre dei trasferimenti, ormai nella norma sopra i 100 milioni – ha sottolineato il direttore amministrativo del Bayern Monaco ed ex presidente dell’Eca – ma soprattutto gli stipendi che si stanno pagando in Spagna, Inghilterra e Germania. Per esempio Griezmann al Barcellona avrà uno stipendio netto oltre i 20 milioni, che va moltiplicato per due con le tasse. Il Bayern non parteciperà a questa follia e cercherà di tenere dei giovani in prima squadra».
Sul concetto di giovani bisogna mettersi d’accordo, dato che Matthjis De Ligt, 19 anni, è sbarcato alla Juve con uno stipendio fisso da 7,5 e una parte variabile che può portare l’ingaggio fino a 12, facendolo diventare il secondo giocatore più pagato della Juventus dopo i 31 milioni di Ronaldo. La scelta dell’olandese ha spiazzato il Barcellona e non solo, dato che il presidente della Liga, Javier Tebas, è arrivato a dire che «in Italia i giocatori pagano dieci volte meno di tasse rispetto alla Spagna».
Una iperbole, che però porta con sé la novità dell’estate: grazie al Decreto Crescita gli incentivi fiscali per gli sportivi che arrivano in Italia sono notevoli, perché la tassazione ai fini Irpef si applica sul 50% dell’imponibile: su uno stipendio come quello di De Ligt la Juventus prima avrebbe dovuto pagare un lordo di oltre 13 milioni, ma così si terrà di poco sotto i 10, con un risparmio vicino ai 3,5 milioni. Il provvedimento scatta dal gennaio 2020, ma il beneficio è notevole. Come è evidente il vantaggio che ha avuto Ronaldo con l’imposta di soli 100mila euro sui redditi esteri, quelli legati alle sue innumerevoli attività commerciali.
Del resto anche la Spagna con la «legge Beckham» per un quinquennio ha attratto i giocatori migliori non solo con il fascino di Real e Barça (che oggi pagano il 47% del monte stipendi della Liga), ma anche con le sue agevolazioni fiscali. Ronaldo e Messi poi hanno trainato il gruppo: oggi l’argentino è il più pagato, con 50 milioni netti a stagione. Il problema però non è l’ingaggio dei fenomeni, ma l’aumento medio: la Spagna per il secondo anno consecutivo è stata la lega con la crescita maggiore degli stipendi, addirittura il 14% in più. I ricavi però galoppano, al punto che il rapporto con il costo degli ingaggi è sceso dal 61 al 59%.
Anche in Italia questo dato chiave è diminuito, ma resta per distacco il più alto nei grandi campionati: da noi ogni 100 euro guadagnati, 67 vengono utilizzati per pagare i calciatori. Un dato da allarme rosso, anche con i nuovi incentivi. E sul quale pesano gli ingaggi dei grandi giocatori, dato che lo stipendio medio in serie A è di 1,7 milioni. In Premier è di 3,2, in Spagna di 2,4. Del resto in Inghilterra lo United paga 2,2 milioni (ma al mese) Alexis Sanchez: nel contratto faraonico dell’attaccante cileno, che ha fallito su tutta la linea, c’è pure un bonus da 85mila euro in più per ogni partita giocata. Di fronte a certi sprechi, anche l’uomo del monte ingaggi dovrebbe trovare la forza di dire «no».