il Fatto Quotidiano, 31 luglio 2019
La legge Bacchelli non funziona
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Prima la fama e poi la fame. Sono tante le celebrità di ieri e di oggi finite sul lastrico. Il copione si ripete più o meno uguale per tutti: il tenore di vita precipita fino a uno stato di indigenza pressoché assoluta con gas e luce tagliati per morosità, il frigo vuoto e nei casi più estremi un alloggio da mendicare dopo lo sfratto.
Fino alla metà degli anni Ottanta la solidarietà per i personaggi illustri caduti in disgrazia era subordinata al buon cuore di amici e conoscenti. Poi è arrivato il soccorso pubblico. L’occasione fu determinata dalle condizioni precarie di Riccardo Bacchelli, minato da una lunga e costosa degenza ospedaliera. L’autore del monumentale Il mulino del Po non riuscì a beneficiare della legge che porta il suo nome perché morì, per un tragico scherzo del destino, due mesi dopo l’approvazione del fondo che dall’agosto 1985 è destinato a sostenere gli italiani che hanno illustrato la patria.
In 34 anni si contano a decine i protagonisti del mondo della cultura, dell’arte, dello spettacolo e dello sport che hanno usufruito del vitalizio. La prima a riceverlo fu la scrittrice Anna Maria Ortese, grazie a una campagna in suo favore sollecitata dal poeta Dario Bellezza, anch’egli bisognoso qualche anno più tardi della Bacchelli, ma concessagli fatalmente in punto di morte. L’elenco è nutrito e annovera, tra gli altri, l’attrice icona del cinema anni Cinquanta Alida Valli, il cantante Umberto Bindi discriminato per la sua omosessualità, l’attore Franco Citti protagonista di Accattone di Pasolini, Fulvia Colombo prima annunciatrice Rai, Tina Lattanzi storica doppiatrice delle dive di Hollywood.
Destino sempre amaro per i poeti. Da ricordare Alda Merini, la “voce” dei Navigli sommersa dai debiti, Valentino Zeichen confinato in una baracca sulla Flaminia a Roma e Pierluigi Cappello, paralizzato su una sedia a rotelle. L’età avanzata apre voragini anche nelle vite degli sportivi, costretti in tarda età a “gareggiare” con pensioni minime. Tra gli atleti sovvenzionati il pugile Duilio Loi, il campione di sci Zeno Colò, il pilota automobilistico Gigi Villoresi.
Le procedure per ottenere fino a duemila euro esentasse al mese non sono facilissime e la decisione spetta al governo sentito il parere, formalmente consultivo ma di fatto decisivo, di una commissione preposta (oggi formata dall’ex ministro Luigi Berlinguer, l’amministratore delegato dell’Istituto Luce Roberto Cicutto e la scrittrice Dacia Maraini).
Al netto delle personalità frattanto decedute, sono venticinque i viventi che percepiscono il vitalizio. Il più noto è Daniele Del Giudice. Scoperto da Italo Calvino, vincitore di numerosi premi e non più presente a se stesso per colpa dell’Alzheimer, lo scrittore è ora ristampato nella più prestigiosa collana dei classici Einaudi. Un altro autore di primo piano è il sardo Gavino Ledda che con il suo Padre padrone scosse l’Italia negli anni Settanta (la versione cinematografica dei Taviani vinse la Palma d’oro a Cannes).
Il novero dei poeti contempla i nomi di Giovanni Cagnone, Carlo Villa, Anna Maria Cascella, Livia Livi. Ignoti al grande pubblico, sebbene la legge prescriva tra i requisiti “chiara fama”, ma certo con una storia personale di riconoscimenti. Più singolare il caso dell’ottantenne friulano Arduino Della Pietra. Per anni bagnino a Lignano Sabbiadoro con la passione dei versi, fu bersagliato nel 2006 da polemiche politiche e letterarie perché “non presente in nessuna antologia di rilievo”.
Se con la poesia non si campa, non se la passano altrettanto bene i professionisti che hanno animato i teatri d’opera. Vivono con il sussidio il regista lirico Giuseppe Giuliano e la soprano Maria Parazzini. Il mondo delle canzonette è ugualmente spietato nel trasformare il successo in rovina. Gianni Pettenati, che cantava Bandiera gialla negli anni Sessanta, gode del sostegno economico in virtù dei suoi numerosi testi sulla storia della musica leggera italiana.
Raccontano un’Italia vintage e troppo colpevolmente dimenticata altri due cittadini vinti dalle avversità: Tommaso Di Ciaula, classe 1941, poeta-operaio che alla fine degli anni Settanta pubblicò con prefazione di Paolo Volponi il volume Tuta blu. Ire, ricordi e sogni di un operaio del Sud e Francesco Trincale, cantastorie siciliano che per decenni ha intonato le sue ballate davanti alle fabbriche, nei filobus e nelle piazze di Milano.
Ma forse la parabola più edificante – che riserviamo come ultima illustrazione della legge Bacchelli – è quella del cardiochirurgo Lionello Ferrari. Dopo una vita spesa a operare bambini in Africa e contributi Inps non sempre regolari, si è ritrovato in gravi difficoltà. Qui forse c’è tutto il senso di gratitudine di una collettività che restituisce un premio a coloro che si sono dedicati al benessere fisico e spirituale del prossimo.