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 2019  luglio 31 Mercoledì calendario

Gita, il robot personale

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Contrordine. Nelle «smart city» davvero intelligenti ci saranno meno auto a guida autonoma e più persone libere di spostarsi a piedi. Magari accompagnate da robot in grado di leggere mappe, scambiarsi dati, trasportare la spesa, connettersi e ri-connetterci all’ambiente che ci circonda.
Del resto, che la direzione della mobilità urbana stia andando diversamente dai pronostici lo dimostra il successo - zero previsto - di un mezzo come il monopattino elettrico, che sta togliendo marciapiedi e strade sotto i piedi di ciclisti e pedoni nelle città di mezzo mondo. «Abbiamo visto scoppiare la moda del monopattino in luoghi insospettabili come Los Angeles, regno dell’auto», ci spiega Jeffrey Schnapp, umanista digitale, docente ad Harvard e «Chief Visionary Officer» di Piaggio Fast Forward, che incontriamo a Milano dove ha partecipato a uno degli appuntamenti di «Meet the Media Guru Around Mobility», realizzato da «Meet», centro internazionale per la cultura digitale, con Fondazione Bassetti, per promuovere l’innovazione responsabile.
«Credo che l’esplosione di fenomeni di questo genere ci sorprenderà sempre di più, perché rispondono a un modello di mobilità diverso da quello che ha segnato il Novecento. Epoca in cui la questione era il collegamento tra aree extraurbane e la città per sostenere il pendolarismo. Anche l’idea della modernità come accelerazione continua è vetusta: il treno è l’unico mezzo che è riuscito ad andare più veloce, gli altri mezzi di trasporto sono rimasti inchiodati».
Oggi, che anche il mondo del lavoro è cambiato e i dati viaggiano veloci, le persone si spostano e si sposteranno sempre di meno, alimentando, certo, anche nuove forme di disuguaglianze e, quindi, chi farà determinate professioni potrà occuparsene da remoto. «Anche se un sistema in cui le élite stanno a casa e si fanno consegnare tutto a domicilio non è un modello di civiltà sostenibile. Quello che emerge è uno schema alternativo negli spostamenti urbani, in cui c’è una specie di iperlocalismo, di cui la micromobilità è un pezzo fondamentale. Sempre, però, in un contesto di alta interconnettività. La nuova mobilità è e sarà sempre di più un mix di tante cose: c’è ancora l’auto, che non è più però la protagonista, i treni ad alta velocità, i mezzi pubblici, la bici, il monopattino e magari i robot come "Gita"».
«Gita», che è una specie di Vespa per pedoni e che si chiama così proprio per rievocare la parola italiana che celebra il viaggio piacevole, lo spostamento per godersi il paesaggio, è un robot della tipologia «follow-me» che sarà prodotto dalla Piaggio nello stabilimento di Boston e che arriverà sul mercato tra pochissimo, negli Usa entro la fine del 2019. «"Gita" è concepito come veicolo per favorire uno stile di vita pedonale, un mezzo intelligente che si comporta seguendo le regole di questo spazio civico fondamentale che è il marciapiede: sa come muoversi, come evitare gli altri. Trasporta fino a 20 chili e ha un’autonomia di 15 chilometri e porta connettività ed elettricità. Permette alle persone di camminare libere senza un cellulare in mano. La privacy è al sicuro perché non usa il riconoscimento facciale e non fa riprese».
E, se non è stato concepito pensando alle esigenze di categorie sociali particolari, di certo potrà essere molto utile, per esempio, alle donne, che sono ancora penalizzate dal sistema di mobilità urbana attuale. ,Abbiamo previsto una serie di opzioni future che comprendono anche un kit per la sicurezza. Così una donna che lavora fino a tardi e deve fare lunghi tratti a piedi si sentirà più protetta. E poi ci sono, ovviamente, gli anziani, il gruppo sociale maggiormente in crescita, e i disabili parziali, fascia che non è ben servita dalle soluzioni dell’ultimo mezzo secolo di innovazioni», aggiunge Schnapp - formazione da medievalista ma un curriculum che spazia a 360°, fino a comprendere un saggio sul consumo del caffè e uno sull’iconografia della pipa, fino al prossimo libro dedicato a Bruno Munari («Ho tante curiosità», dice) -, che rimarca l’idea della tecnologia come mezzo non come scopo.
«Bisogna partire dalla visione globale del tessuto urbano che dobbiamo costruire e delle città in cui vogliamo vivere: devono essere antropocentriche e non tecnocentriche. Nonostante sia un entusiasta dell’innovazione tecnologica. Ma non credo che nelle aree urbane ad alta densità i problemi tecnici siano risolvibili. Un mondo dove auto autonome circolano in zone cittadine è un mondo in cui le persone sono il problema e devono essere disciplinate per non avvicinarsi alle strade». Rivalutare l’anarchia del monopattino.