La Stampa, 31 luglio 2019
Russell Crowe nei panni di Roger Ailes
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Come siamo arrivati all’era della cattiveria e della bassezza dell’attuale clima politico? Dove i fatti contano solo relativamente e si possono indurre milioni di persone a credere in complotti e nemici immaginari? Come si diventa un network nazionale che tradisce il concetto di servizio pubblico? O si potrebbe dire: come siamo arrivati all’era dei leader populisti che non devono più fare i conti con la verità?
Domande complesse, dove al centro ritroviamo una figura che ha giocato un ruolo determinante: Roger Ailes. Già consulente politico di Richard Nixon, di Ronald Reagan e di Rudolph Giuliani, Ailes diventa un personaggio centrale della politica americana quando Rupert Murdoch venti anni fa gli affida le redini di Fox News. Anche se il suo motto è «Fair and balanced», Fox News diventa tutt’altro che una fonte di informazione equilibrata. Chi non appoggiava la guerra in Iraq era un traditore. Barack Obama era diventato un keniota musulmano che aveva falsificato il suo certificato di nascita. Magari con dei punti interrogativi, ma a Fox News tutto acquista legittimità. Poi arriva il 2016: mentre i repubblicani erano divisi tra una ventina di candidati, Donald Trump ha la carta vincente: Roger Ailes.
Un uomo di indubbio genio ed estremamente carismatico che altri vedono come un cinico burattinaio. E che nel 2016, nel pieno del movimento #MeToo, è stato costretto alle dimissioni dopo molteplici accuse di molestie sessuali per poi morire l’anno successivo.
Insomma, Ailes è una figura controversa e sicuramente interessante, che il network Showtime ha rievocato nella serie The Loudest Voice, ispirata all’omonimo libro del giornalista Gabriel Sherman. Ad interpretarlo, Russell Crowe, che durante i mesi di lavorazione ha dovuto sottoporsi ogni giorno a tre ore di trucco e all’applicazione di protesi varie.
Russell Crowe, che cosa l’ha sorpresa di più di Ailes?
«La complessità del personaggio. Metti il suo nome su Google e hai una storia, ma poi incontri persone che lo hanno conosciuto e che ci hanno lavorato per anni e la cosa che più mi ha colpito è stata l’ammirazione e la lealtà che provavano per lui. Insomma, è stata un’esperienza eccitante e anche di quelle che ti terrorizzano. Una grossa responsabilità, anche se questa è una delle cose più belle della nuova televisione, dove non hai più due ore ma sette per esporre e raccontare la vita di un personaggio. Puoi fare molto in sette ore».
Prima di filmare, ha parlato di Ailes col suo connazionale Rupert Murdoch?
«Essendo un australiano di una certa notorietà, è normale che prima o poi ti trovi in una stanza con un Murdoch. Ho una relazione con loro, ma non ho voluto coinvolgerli in quella che in realtà è una versione fittizia delle cose che sono accadute. Roger ha detto più volte di aver esaminato il mercato e che ABC, NBC, CBS, MSNBC, CNN, il Post, il Times erano tutti media orientati a sinistra. E lì ha visto un’opportunità di mercato, se l’avesse vista dall’altra parte Fox News sarebbe stato un animale diverso. Detto questo, ritengo che Roger abbia creato una situazione in cui è diventato quasi impossibile avere una discussione politica educata. E questo deve cambiare, perché se tutti sono troppo arrabbiati per comunicare tra loro, le nostre vite si "rimpiccioliranno"» .
Cosa pensa dei mezzi di informazione di oggi?
«Non sono un fanatico delle news, ma data la mia età sono cresciuto con l’abitudine dei giornali del mattino. Mi piace girare e sentire le pagine. Allo stesso tempo, è da molto che non mi fido più di ciò che è scritto nei giornali perché guardo alla mia esperienza: mi capita di scoprire che sono in una discoteca a New York quando in realtà mi trovo nella mia fattoria in Australia con i miei cavalli! La gente non si fida più dei media e il problema è più grande di Roger Ailes. In tempi come i nostri, il bisogno di avere un giornalismo che osserva e narra la verità in modo acuto è estremamente necessario. Penso che il vostro sia un lavoro molto importante».