Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  luglio 31 Mercoledì calendario

Bernal il piemontese

QQ7
«Increíble, no lo puedo creer», ripetono da giorni gli amici tra Cuorgnè e San Colombano, profondo Canavese, una quarantina di chilometri da Torino. Frase che la maglia gialla Egan Bernal ripeteva spesso. «Come definire Egan? Un colombiano anglosassone. Ha la testa sulle spalle. Una persona a modo. E ha doti fisiche eccezionali», racconta il direttore sportivo della Androni Giocattoli, Giovanni Ellena. «Voleva fare il giornalista di politica, il periodista.
Menomale che in Colombia lo hanno messo su una bici e non è più sceso», dice Ellena, canavesano doc di Pertusio.La residenza di Ellena è la ragione per cui il diciannovenne Bernal divenne nel 2015 il primo sudamericano corridore trapiantato a San Colombano, alloggiato al ristorante Buasca. «La mia seconda casa – come ha detto la maglia gialla a Parigi – dove non vedo l’ora di tornare». E sarà un trionfo. Il sindaco di Cuorgnè, Giuseppe Pezzetto, gli vuole dare la cittadinanza onoraria «come ambasciatore della nostra terra» e «come esempio di integrazione e di senso di comunità». Lo stesso farà il collega di San Colombano, Diego Galletto.
In Francia a festeggiare c’erano gli amici della chat Team Buasca, gli stessi che hanno fondato il primo e l’unico fan club Egan Bernal che ha sede nel ristorante dove il colombiano ha vissuto i primi due anni. «Quando ha cambiato squadra – racconta Vladimir Chiuminatto, uno degli amici, messo comunale a San Colombano – avevamo capito che doveva lasciare il Canavese. Per noi era come se andasse via uno di famiglia. E abbiamo fondato il club. Nemmeno in Colombia lo hanno fatto». Ora Vlad dovrà pagare pegno: «Un giorno a casa mia stavamo guardando il Tour. Gli ho detto, “Egan, se vinci il Tour dipingo la casa con i colori della bandiera della Colombia”. L’altro giorno me lo ha ricordato».
Bernal non dimentica le strade dove si è allenato, ad iniziare dal colle del Nivolet, sopra Serrù. Montagne che gli fanno venire in mente casa sua, Zipaquirá, città vicino a Bogotà, a 2.600 metri di altezza. «È un arrampicatore nato, quando ho visto i suoi test ho pensato che fossero sbagliati», ricorda Ellena. Per lui salire al Nivolet, in mezzo agli stambecchi e alle marmotte del Parco del Gran Paradiso, è una passeggiata. Di solito lo faceva insieme a “Paolino”, al secolo Paolo Alberto, un Under 23 che lo ha affiancato negli allenamenti.
Lo aspettavano sulle “sue” strade per il Giro d’Italia, ma per un infortunio non ha partecipato. Bernal però non dimentica gli amici, le passeggiate a cavallo e i sapori «È ghiotto di paste di meliga», ricorda Tonino Giovando, il proprietario del Buasca. Gli piace anche la grappa di more. «Un sorso ogni tanto», dice. Tonino gli ha fatto un po’ da papà. «Qui ha visto la neve per la prima volta. Prima di andare via gli ho detto: “Tu sei bravo, ma quando sarai famoso, stai attento agli avvoltoi"». In cucina c’è il figlio Massimo, ribattezzato “parcerone”, l’amicone, per la stazza maxi. Ha pensato lui alla dieta del campione nei primi anni. E ha imparato qualche piatto tipico colombiano. «Egan è uno determinato», ricordano al ristorante. «All’inizio non andava bene sulle cronometro – dice Ellena – un giorno è partito ed è andato fino a Corio. Ha fatto 273 km sulla bici da crono senza dire nulla. Una cosa pazzesca. Ma lui è così, testardo». Con lui in Italia ha voluto la ragazza, Xiomara, campionessa di mountain bike. «Era andato 4 volte in un anno in Colombia da Xiomi – racconta Ellena – con lei qua poteva allenarsi di più. Aveva ragione. È venuta, vivevano insieme a Cuorgnè. A 20 anni un ragionamento così non te lo aspetti». E non si fa mettere i piedi in testa, Bernal: «Dovevamo comprare un’auto – racconta Vlad – aveva già la patente internazionale, ma il concessionario non era convinto, voleva fare altre verifiche. Alla fine lui gli ha risposto: “Senta, io sono così sicuro che vado a prenderla da un’altra parte"». Sulle doti al volante gli amici avevano dubbi, ma lui li ha sfidati: «Dopo 3 giorni ha preso la ragazza è sono andati a Gardaland. Ha fatto un selfie e l’ha mandato in chat: questa è per voi!».