Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  luglio 30 Martedì calendario

Litigio tra scienziati sulle ragioni del caldo

Potete immaginare Albert Einstein che, dopo aver pubblicato la Teoria della relatività (quella “ristretta” è del 1905, quella “generale” è del 1915), va in giro per Zurigo, dove insegnava, a raccogliere firme che sostengono la veridicità delle sue descrizioni sulle proprietà dello spazio-tempo? No. Quelli erano tempi serii. Le dispute scientifiche ci sono sempre state e senza molti complimenti: Galileo Galilei e Orazio Grassi se le diedero a colpi di tomi, mettendo di mezzo anche l’Inquisizione, sulla nascita delle comete, intorno al 1620, erano tempi serissimi. Oggi per far passare una teoria in odore di scienza dalla posizione di “ipotesi” a quella agognata di “verità”, per esempio quella sulle cause del riscaldamento globale, i percorsi sono più tortuosi, social, perfino elettorali. Più che dimostrare, pare occorra raccogliere gente che è d’accordo, che siano gruppi di esperti o masse di “cittadini qualunque”. Nell’uno e nell’altro caso, dunque, in assenza di incontrovertibilità scientifica, vige il teorema delle mosche («mangiate merda: milioni di mosche non possono avere tutte torto»). la petizione Gli scienziati, dunque, non sfuggono al segno dei tempi, la scorciatoia popolare, per esempio una raccolta firme sull’apposita piattaforma web Change.org, o una petizione da sottoporre ai politici: nella fattispecie, «Al Presidente della Repubblica, al Presidente del Senato, al Presidente della Camera dei Deputati, al Presidente del Consiglio»: Mattarella, Conte, Fico, Casellati. I quali già si dibattono nei pantani della questione russa, della Tav, dei migranti, per non parlare dell’omicidio del vicebrigadiere da parte dei due sciagurati americani. Riannondando i fili della disputa sul cambiamento climatico: da un lato abbiamo la squadra capitanata dal professor emerito di Geologia applicata all’Università di Pescara, Umberto Crescenti, il quale ha firmato con il seguito di otto professori, una petizione-appello che contesta la teoria del riscaldamento globale “antropico”, cioè causato dall’uomo («Un appello di scienziati e tecnologi italiani in difesa della verità scientifica», si legge). Il documento invita i responsabili politici a riflettere sul fatto che il riscaldamento globale non si possa attribuire con certezza all’attività umana. Dall’altro lato c’è un comitato di trecento accademici, promosso dal professor Roberto Buizza, ordinario di fisica alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che ha prodotto una lettera aperta, quindi controfirmabile, «Il riscaldamento globale è di origine antropica», nella quale viene attribuita all’uomo la responsabilità dell’aumento dei livelli di Co2, il gas serra ritenuto responsabile dell’innalzamento termico del pianeta, nell’atmosfera. Ora, Crescenti e i suoi otto hanno dalla loro parte un gruppo, si legge, composto «da cittadini e uomini di scienza» – sono circa ottanta firmatari, professori emeriti, docenti, fisici, ricercatori, professionisti del settore – i quali chiedono che «siano adottate politiche di protezione dell’ambiente coerenti con le conoscenze scientifiche».

L’AUTOREGOLAZIONE
Il comitato capitanato da Crescenti sostiene che l’uomo sia responsabile in misura irrilevante del cambiamento climatico («è scientificamente non realistico attribuire all’uomo la responsabilità del riscaldamento osservato dal secolo passato a oggi») e che il mondo in realtà produca Co2 in modo del tutto autonomo, autoregolandosi, sottolineando che «bisogna essere consapevoli che l’anidride carbonica di per sé non è un agente inquinante. Al contrario, essa è indispensabile per la vita sul nostro pianeta». «I modelli di simulazione climatica non riproducono la variabilità naturale osservata del clima», si legge nella petizione, «e, in modo particolare, non ricostruiscono i periodi caldi degli ultimi 10mila anni. Questi si sono ripetuti ogni mille anni circa e includono il ben noto Periodo Caldo Medioevale, il Periodo Caldo Romano, e in genere ampi periodi caldi durante l’Ottimo dell’Olocene». La conclusione è che «posta la cruciale importanza che hanno i combustibili fossili per l’approvvigionamento energetico dell’umanità, suggeriamo che non si aderisca a politiche di riduzione acritica della immissione di anidride carbonica in atmosfera con l’illusoria pretesa di governare il clima». le firme La seconda squadra ha messo online la sua lettera aperta, che è su Change.org e finora ha raccolto oltre 17mila adesioni, in quotidiano aumento: il professor Buizza vorrebbe premere sui politici affinché seguano l’esempio di molti Paesi europei e di agire sui processi produttivi, sul trasporto, sull’economia, al fine di raggiungere il traguardo di «zero emissioni nette di gas serra entro il 2050». Solo così, sostiene Buizza, potremo risolvere la questione del cambiamento climatico. A supporto della lettera ci sono, tra le altre, l’Associazione Italiana Scienze dall’Atmosfera e della Meteorologia, l’Associazione Meteo Professionisti, il Gruppo di scienziati per l’energia pulita. Al momento, insomma, per far prevalere le loro ragioni, le due parti, invece di approfondire gli studi, che in tutta evidenza non sono ancora abbastanza risolutivi, si prendono a testate come i mufloni. Se le più aggiornate procedure di verifica scientifica sono queste, ci sembrano di accesso pericolosamente semplice. Saranno guai quando se ne accorgeranno i terrapiattisti: se fossero in grado di raccogliere abbastanza firme, alla fine la terra diventerà piatta?